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Fra le mille regole che vigevano in casa quando ero bambina, ce n’era una in particolare che non ho mai vissuto come un’imposizione forzata: tutti i giorni, prima di dormire, leggiamo un libro. Così diceva mia madre. Non ho mai contestato; era piacevole addormentarsi con la favola della buonanotte, dopotutto quando si è piccoli ascoltare una voce che racconta una storia è, talvolta, più efficace della ninna nanna – che
“Amo la mia professione perché è una sfida costante”, così comincia Luis Sepúlveda. Saggezza, conoscenza, cultura sono solo elementi funzionali alla storia che lo scrittore vuole narrare. L’ispirazione si trova ovunque, per strada, in metro, sono i temi a cercare l’autore, ad aspettare di essere raccontati. Sepúlveda ci trasporta in una dimensione straordinaria fuori dal tempo e dallo spazio, quella in cui l’autore crea il racconto. Una dimensione in cui in cui
La letteratura latinoamericana esiste davvero? Questo è l’interrogativo che è stato discusso tra alcuni dei più importanti scrittori contemporanei sudamericani sabato 11 maggio al Salone. Le risposte alla provocazione sono state diverse, ma ogni autore ha sottolineato l’esistenza di una letteratura latinoamericana che però non corrisponde all’identità latinoamericana. Ha senso definirsi scrittori latinoamericani, come spiega Juan Villoro, ma nella maggior parte dei casi si tratta di una definizione artificiale che non
“Papà ci racconti una storia?” così è nato il libro “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare ” di Luis Sepúlveda (Salani). I suoi figli infatti gli chiedevano, ogni sera, di inventare un nuovo racconto con protagonista Zorba, il loro enorme e nobile gatto nero di 11 chili. L’avevano trovato per caso, durante una passeggiata nel porto di Amburgo. Stava per essere ucciso, mangiato da
Tre personalità diverse, tre vite diverse, tre storie diverse riunite in un libro comune, condividendo un sentire, un linguaggio e dei temi che convincono e coinvolgono tutti quanti. Vivere per qualcosa è il libro di José Mujica, Luis Sepúlveda e Carlo Petrini, presentato oggi in Sala Gialla, in un incontro sulla felicità, sui traguardi e gli obbiettivi della vita, sui valori che ognuno di noi sceglie e cerca di raggiungere. Sepùlveda, il “cantastorie”, durante la
Tra i più attesi personaggi della trentesima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, certamente troviamo Luis Sepùlveda che in compagnia della scrittrice argentina Elsa Osorio ieri sera, durante l’incontro tenutosi nella Sala Gialla alle 18:30, ha presentato e commentato il libro di quest’ultima. Doppio fondo racconta e denuncia gli orrori della dittatura militare di Videla degli ultimi decenni del ‘900. Per rispondere alle domande poste dallo scrittore italiano Alessandro Leogrande, Sepùlveda
“Neruda è morto, Sepulveda ha la febbre e neanche io sto tanto bene”; con questa frase esordisce, citando Woody Allen, Bruno Arpaia, direttore artistico di Dedica, appena prima dell’inizio della rappresentazione teatrale “Il funerale di Neruda”. Passa poi la parola a Renzo Sicco, direttore della compagnia Assemblea Teatro, che racconta di come è nato lo spettacolo. Durante uno dei suoi tanti viaggi, egli ebbe l’occasione di visitare villa Grimaldi, uno dei
Luis Sepùlveda, all’inizio della settimana di Dedica, aveva annunciato di avere in serbo una sorpresa, per il concerto di Venerdì con i Modena City Ramblers. Ed effettivamente la sorpresa ce l’ha fatta: si è ammalato di polmonite. “Dio è morto, Sepùlveda sta male e nemmeno io mi sento molto bene”è citando Woody Allen che il direttore artistico della manifestazione, Bruno Arpaia, ha dato la triste notizia al delusissimo pubblico, preoccupato
La musica fluisce lenta e cantilenante. Le parole dei poeti accarezzano le pareti affrescate del convento ma vibrano nei nostri cuori. Una pausa, un applauso scrosciante, un silenzio angoscioso. La serata è un alternarsi, vivo e mutevole, di emozioni che vengono plasmate, adattate alle nostre piccole menti, dal genio di Sepulveda. I suoi versi rompono con il banale, punzecchiano l’ignorante che ignora, smuovono il pigro e rimano, baciati, con la
Luis Sepulveda non è uno scrittore impegnato, è un vero e proprio soldato che, armato di penna, scende in trincea a combattere con i suoi, per i rossi ideali di eguaglianza e giustizia sociale. É proprio nella lotta sociale che, secondo l’autore, si forma il proletario e la persona in generale. Quello dello scrittore, come ci dice, è un mestiere che si svolge prima di tutto nell’impegno reale per il