In un pannello sull’attuale situazione di proteste contro il regime di Lukashenko, Andrea Pipino intervista tre figure fondamentali nel panorama politico bielorusso ed europeo: la leader del movimento popolare Veronika Tsepkalo, la giornalista Hanna Liubakova e la deputata europea e presidente della sottocommissione per i diritti dell’uomo Maria Arena.
Le manifestazioni per ottenere elezioni più democratiche erano già state organizzate durante la campagna elettorale per le presidenziali del 2020 e sono proseguite con più forza a seguito della confermata manipolazione dell’esito dell’elezione. In piazza non è più quindi l’opposizione a protestare, ma la maggioranza, che si vede tolta la propria voce e la propria legittimazione a governare.
Come ci dice l’onorevole Arena, l’Unione Europea ha sviluppato un piano in tre fasi per offrire il suo massimo supporto alle forze democratiche, che comprende l’impegno ad assistere i manifestanti e sostenere le proteste, sanzionare in modo effettivo Lukashenko – ad esempio rifiutandogli l’accesso ai fondi della BERS (la Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo) – e istituendo un International Body for Investigation perché i colpevoli di violazioni di diritti umani si prendano la responsabilità delle proprie azioni.
Ma se l’Europa da anni osserva la storia della Bielorussia dipanarsi in attesa che il suo popolo prenda coscienza dei propri diritti, la Russia è stata presa alla sprovvista dalle manifestazioni popolari, che, pur non mirando a scindere ogni rapporto con l’alleato russo, minacciano l’influenza capillare che esso ha esercitato per ventisei anni e continua tuttora a esercitare.
Quando interrogate sul futuro delle relazioni con queste due potenze, Tsepkalo e Liubakova concordano sul non voler scegliere di schierarsi in favore dell’Europa o della Russia perché è innegabile sia il legame della Bielorussia con la cultura e la storia russa sia il bisogno di ricostruire il paese su una democrazia più solida, a modello di quelle europee.
Quelle che riempiono le strade della Bielorussia non sono proteste di natura geopolitica, ma la rivendicazione dei diritti costituzionali che per troppo tempo sono stati calpestati.
È un complicato equilibrio quello a cui aspirano i bielorussi: mantenere i rapporti con una Russia che rifiuta il dialogo e con un’Europa che vede le proteste come un’opportunità per accogliere un altro paese sotto la sua ala, difendendo, allo stesso tempo, la propria libertà.
In questo momento la percentuale di filorussi nella popolazione bielorussa sta diminuendo e, citando le parole di Hanna Liubakova, il vento sta cambiando. C’è una più concreta possibilità di portare avanti un dialogo più costruttivo di quanto lo sia stato finora, possibilità data dalla determinazione e dall’incredibile forza delle donne che guidano queste proteste gentili con un grande spirito di sacrificio, in nome non solo del presente, ma anche del futuro di questo paese.
Ilaria Boules e Noemi Ruggiero – Liceo Vittorio Alfieri Torino
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