Nel corso di un viaggio in un paese – o Salone che dir si voglia – delle Meraviglie ci si imbatte, per forza maggiore, in personaggi con storie da raccontare. Noi, poi, le storie siamo andate a cercarle e a sollecitarle. Il filo conduttore di questa indagine è stata proprio, a ben pensarci, la falsariga del celebre dialogo tra Alice e lo Stregatto:

 “- Mi vuoi dire, per favore, quale strada devo prendere per uscire di qui?

– Dipende in gran parte da dove vuoi andare- rispose il Gatto.

– Non mi importa dove – disse Alice.

– Allora non importa nemmeno quale strada prendi – replicò il Gatto.

– …purché io arrivi da qualche parte – aggiunse Alice come spiegazione.”

No, non abbiamo chiesto indicazioni per la direzione da prendere a nessun grosso felino multicolore, ma il nostro scopo è stato proprio quello di farci orientare. L’idea dell’identità della biblioteca pubblica è stata il nostro Coniglio Bianco. Il suo inseguimento è durato cinque giorni: una battuta di caccia che ci ha fornito materiale per future analisi. Per il resto non ci lanciamo in similitudini tra i nostri intervistati e i personaggi delle favole, ci limitiamo a darne una cronaca, il più possibile letteraria e letterale.

Siamo riusciti a incontrare una ventina di persone, ospiti del Salone, scelti sia per la loro singola importanza, sia per la loro funzione, in un certo senso, mediatrice: dato che i visitatori (o quantomeno alcuni tra loro) hanno scelto di partecipare alla manifestazione anche per sentire l’opinione degli ospiti, rivolgere agli ospiti le nostre domande ci è parsa una buona idea.

Abbiamo cercato di ascoltare il punto di vista di persone provenienti da esperienze molto diverse: scrittori, editori, professori universitari di letteratura e materie biblioteconomiche, uno storico, un archivista, una community manager e la promotrice del primo festival francese sul pubblico dominio. Ognuna di queste persone ci ha comunicato la sua idea riguardo a quale sia la direzione che vedono prendere dalle biblioteche, orientandoci così in maniera un po’ ostinata e un po’ contraria.

Uno sguardo di  ampio respiro è emerso dallo storico Alessandro Barbero, che si è spinto in una di quelle previsioni che, stando al cliché, non bisognerebbe mai domandare ad uno storico. Secondo Barbero “il rapporto tra essere umano e libro è ostinatamente fermo nel tempo”, non è, quindi,  diverso da quello che Tommaso d’Aquino aveva nel XIII secolo con le pagine scritte. Per questo, nonostante internet e e-book, le biblioteche mantengono un ruolo essenziale, che Barbero presume – e si augura – non verrà perso in tempi brevi, anche perché “quando si sta studiando fa molto bene andare a cercare il libro dove fisicamente si trova”. Parole che, dette da una persona che su libri e ricerche ha fondato la sua vita, hanno un grande valore.

Anche la direzione immaginata da Giuseppe Culicchia si rivolge al futuro. Le biblioteche sono, secondo lo scrittore che si serve della celebre immagine di Marguerite Yourcenar, “granai pubblici” per la collettività. La costruzione di questi granai dovrebbe essere una priorità in un paese come il nostro “perché il futuro passa da lì, passa dai libri, visto che non abbiamo il petrolio e che la nostra vera ricchezza è la cultura”.

Domenico Scarpa, studioso e professore di letteratura italiana, ci ha invece dato una direzione prospettica: dietro un grande autore, c’è – spesso – una grande biblioteca, intesa in senso metaforico o intesa nel suo senso concreto, basti pensare ad autori come  Italo Calvino, Umberto Eco, Leonardo Sciascia e Carlo Fruttero. Lo stesso Domenico Scarpa ci ha confidato che si avvicinò al mondo del libro grazie, anche, alla biblioteca della sua città natale.

Sembra quasi di avere materiale per pensare che un Salone del Libro si debba, per forza, portare con sé una sorta di salone ombra delle biblioteche, immaginarie e concrete, che hanno, probabilmente, collaborato a formare tanti “lavoratori” del mondo del libro: un Salone delle Meraviglie con un dietro le quinte altrettanto meraviglioso.

La domanda che sorge a questo punto è: dov’è che volevamo andare?

Il nostro interrogativo di base era “se chi vende libri vende speranza, chi i libri li dà in prestito, cosa regala?”, la direzione in cui ci siamo mossi è stata quella di raccogliere e provare  a raccontare cosa ne pensano addetti ai lavori e visitatori, mettendo insieme le varie linee di tendenza per offrirne uno sguardo d’assieme, e siamo usciti da questo primo tratto di percorso decisamente speranzosi. Un effetto collaterale del fare ricerche sul prestito di libri, forse.

Riuscire a evidenziare gli elementi inaspettati che si sono addensati attorno al tema dell’accesso democratico alla lettura durante questa ricerca, sarebbe, infatti, un’ottima destinazione, anche se, ovviamente, provvisoria.

Per farlo, ci riserviamo di invocare Alice e Stregatto, esperti nell’arte di fare e farsi domande.

 

Francesca Martino

Immagine di John Tenniel (http://urly.it/21195)

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