Un periodo in cui tutto sembrava possibile, dove speranza era la parola chiave e la volontà di costruire un nuovo futuro e una nuova struttura sociale erano la forza motrice della giovane generazione di studenti. Questa la definizione che la scrittrice Ilaria Maria Sala ha dato alla Pechino del 1989 durante l’incontro tenutosi nel pomeriggio di domenica 6 ottobre a Palazzo Crema. Insieme a Junko Terao e Louisa Lim, l’autrice ha ripercorso i passi che hanno portato alle manifestazioni studentesche nella capitale cinese e successivamente alla strage di Piazza Tiananmen, descrivendo il clima di apertura verso l’Occidente di quegli anni, spesso dimenticato o ignorato.

Il libro Pechino 1989 è per Sala un tentativo di mettere ordine nelle sue memorie di giovane studentessa occidentale in una Cina appena uscita dagli sconvolgimenti portati dalla rivoluzione culturale successiva all’impero maoista. Una cronaca letteraria, fotografica e sopratutto personale di chi non era coinvolto nelle motivazioni della protesta, ma che vi ha preso parte perché investita da questo nuovo clima di rivendicazione di un leader, Hu Yaobang, simbolo in realtà della nuova Cina vista dagli occhi degli studenti.

Nel libro The people’s republic of amnesia la scrittrice Louisa Lim analizza il processo attraverso cui la memoria è diventata qualcosa di politico: certi tipi di memoria non sono permessi nemmeno nell’inconscio, ed è lo Stato a decidere cosa e come si ricorda. Questo fenomeno ha portato i cittadini persino a dimenticare la violenza della repressione militare di quel periodo e perciò a non parlarne mai. Nel suo testo Lim vuole mettere in evidenza anche un altro punto di vista, spesso non considerato quando si parla degli avvenimenti dell’89: quello dell’esercito mandato a liberare la piazza. Nel suo libro infatti l’autrice racconta di come questi militari, spesso giovani ragazzi provenienti dalle campagne, venissero rinchiusi per lunghi periodi, quelli dell’addestramento, ed indottrinati secondo l’idea che gli studenti scesi in piazza a manifestare fossero sovversivi violenti e anticomunisti, sottolineando quanto poco in realtà si sappia degli avvenimenti del 2 e 3 giugno.

Sollecitate poi dalla mediatrice, le due scrittrici hanno parlato delle recenti manifestazioni che hanno avuto luogo ad Hong Kong, interpretando in modo differente la situazione e fornendo le motivazioni per cui, secondo loro, la Cina non ha ancora cercato veramente di sedare la rivolta. Mentre Louisa Lim sostiene che sia necessario rifarsi al massacro di Piazza Tiananmen per comprendere le rivolte attuali, Ilaria Maria Sala afferma che in trent’anni il Paese è cambiato molto e soprattutto è più aperto e presente sulla scena mondiale di quanto non fosse nel 1989. Questo starebbe a significare, secondo la scrittrice, che la Cina avrebbe molto più da perdere reprimendo nel sangue le manifestazioni, dal momento che Hong Kong risulta essere un grande snodo finanziario a livello globale.

È anche vero, però, che nonostante l’importanza internazionale della Cina di oggi, le potenze estere non sembrano ancora interessate a intervenire per limitare i disordini della folla che protesta. La motivazione, secondo Lim, sta proprio nella rilevanza commerciale del Paese: finché questo continuerà ad essere efficace economicamente, potenze mondiali come gli Stati Uniti non sentiranno il bisogno di attuare politiche di aiuto.

In un tempo che si sta continuamente contraendo, dove ciò che accadeva in settimane ora succede nel giro di pochi giorni, il messaggio finale delle due scrittrici è chiaro: è necessario guardare al passato per interpretare il presente.

 

Desiree Bindini, Martina Piscitelli