“Le parole sono fatte prima per essere capite”. È a partire da tale affermazione di Tullio de Mauro, noto linguista ed ex Ministro dell’Istruzione, che quattro insegnanti hanno voluto condividere alcune loro esperienze, all’apparenza episodiche e trascurabili, ma illuminanti se poste sotto la chiave di lettura della pedagogia. 

È la parola la chiave di volta, il vero mezzo della riuscita dei rapporti che intercorrono tra i vari membri della società. Il linguaggio è dunque il punto da cui il sistema scolastico deve partire, per garantire la più fondamentale delle libertà: quella di espressione. L’acquisizione di adeguate competenze linguistiche viene descritta infatti dalla scuola di pensiero di De Mauro come tappa necessaria per arrivare ad un pieno esercizio di cittadinanza. Il cittadino completo non può prescindere da una corretta abilità nell’esprimersi se vuole tanto partecipare  attivamente alla vita pubblica -la parola non è il solitudine-  quanto mantenere dei solidi rapporti interpersonali appartenenti al suo contesto privato. Non a caso gli esempi citati dai relatori riguardano giovani migranti e ragazzi dialettofoni vittime della mafia.  L’importanza della parola non risulta dunque volta ad un mero conseguimento di voti positivi nel percorso scolastico dei giovani, necessari protagonisti di uno sviluppo dell’istruzione volta non al solo eruditismo ma alla costruzione di cittadini completi.

E se la comunicazione è fondamentale per l’uomo, quale occasione si presenta più calzante del Festival di Internazionale per migliorarci venendo a conoscenza di sempre nuovi metodi per condividere le nostre idee? Quale esercizio dell’uomo è dunque più democratico della parola?

 

Piervittorio Milizia, Giovanni Sette

Liceo Ariosto