Per concludere in bellezza la serata, Cinemazero ha voluto regalarci un incontro con il famoso regista Giuseppe Tornatore.
Dopo aver ricevuto un caloroso applauso da parte del pubblico, Tornatore ha cominciato a raccontare quello che è il rapporto tra un film e un libro. Lo stesso Sciascia gli aveva detto “Da un grande libro non si può fare un gran film; da un brutto libro si può fare un ottimo film”, ed aveva pienamente ragione. Quando si parte da un libro, bisogna necessariamente tradirlo e interpretarlo; chiunque vede nella propria testa un film del libro che legge, per cui al cinema non potrà che rimanere “deluso” dall’interpretazione che ne ha dato il regista.
Con questo argomento, Tornatore si è collegato al discorso della sceneggiatura. Egli ha spesso voluto scrivere i suoi film da solo, ma talvolta è stato necessario collaborare con altri. La sceneggiatura è quanto di più fondamentale esista in un film, sono come degli appunti, ma senza di essi, non si può realizzare un film, “Il cinema si fa con l’eterna riscrittura”.
Ha infine spiegato “La teoria dell’incubazione”; se si ha una grande idea, non bisogna scriverla, ma solo buttare giù due righe e lasciar passare il tempo. Se questa torna costantemente in mente, si aggiungono progressivamente una o due righe. Se diventa un’ossessione e viene a bussare dopo molto tempo sarà già quasi totalmente sviluppata. Per esempio, l’idea de “La Migliore Offerta”, se la portava dietro da 1984.
Tornatore, inoltre, racconta di alcuni temi o luoghi spesso presenti nei suoi film: tra questi possiamo vedere la Sicilia, soprattutto in Baaria, oppure l’idea di personaggi solitari, spesso rinchiusi in un luogo, ovvero film di “linea nera”. Una linea claustrofobia, cupa e scura, tipica del suo cinema, in contrasto appunto con l’ambiente solare della Sicilia. Quest’ultima viene usata spesso molto lo condiziona, anche quando la Sicilia non c’entra, e vi è legato nella sua filmografia. Nell’aspetto formale, all’interno dei suoi film, la si può individuare sempre.
Per quanto riguarda invece un aspetto autobiografico della vita del regista, egli ha voluto raccontarci cosa lo ha spinto a fare cinema e lo ha sempre colpito all’interno di esso. Lo ha stupito come si passi dal giorno alla notte: il cinema gli è sembrato un mondo magico, dove si può manipolare il tempo, come non si può fare nella vita. In un film si riescono a prendere 2 secondi e farli durare ore, e viceversa; è una cosa magnifica su cui si può giocare molto.
Se ci riflettiamo un momento, tuttavia, il cinema può davvero essere considerato un mondo magico, capace di compiere magie e trasformare la realtà.
Camilla Brumat
Francesca Valente
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