Materia prediletta di dibattiti, documentari e lezioni della contemporaneità, sono i conflitti mondiali del ventesimo secolo. In linea di massima, quando vengono trattati tali temi, si tende subito ad approfondire la materia della violenza che ha accompagnato tali scontri, ma ci si concentra soprattutto sui colpevoli. I nomi di Hitler, Mussolini, Stalin e altri dittatori vengono sin da subito accostati ad appellativi, aggettivi e considerazioni violente e diffamanti. Ma i veri responsabili siamo noi, l’Occidente. Imputabili e perseguibili dovremmo essere prima di tutto noi stessi: certamente l’Occidente democratico, come afferma Marcello Flores in “Tutta la violenza di un secolo”, non fu responsabile delle violenze e delle veemenze esercitate durante le due guerre mondiali, ma l’indifferenza dell’Europa, durante e al termine di tali operazioni belliche, fu senza precedenti.

Tutti avevano un unico obiettivo ultimo: vincere la guerra; un proposito, che portò la gran parte delle nazioni a ignorare la possibilità di arrestare e porre fine alle violenze esercitate contro precisi gruppi etnici.

E nessuno intervenne durante il lungo processo che condusse i tedeschi al genocidio della popolazione ebraica. Sin da subito i nazisti espressero la volontà di eliminare la “razza” ebraica, popolazione che appariva agli occhi del Fuhrer e dei suoi collaboratori come una questione a cui trovare una soluzione, la “soluzione finale”.

E benché l’ implicazione principale del genocidio sia da conferire alla Germania, l’Olocausto fu un evento internazionale, che coinvolse più potenze.

Tra gli atti più spietati e disumani della storia del ‘900 europeo, figurano indubitabilmente i genocidi: armeni, herero, ebrei e ruandesi, sono solo alcuni dei tragici episodi di cui la civiltà del ventesimo secolo fu testimone, e a cui nessuno, se non troppo tardi, tentò di porre fine.

Suddetta propensione politica volta a rendere singola e “privilegiata” l’identità della maggioranza di un determinato Paese, favorendo una riduzione dell’eterogeneità e l’estirpazione, parziale o totale, di un gruppo ben identificabile da parte dello Stato stesso, risulta essere il prodotto di una progressione di fattori che emersero in Europa tra ‘800 e ‘900.

In questo periodo, infatti, l’uomo fu partecipe di avvenimenti che mutarono radicalmente il mondo e che, allo stesso modo, comportarono un incremento delle violenza contro i civili: l’urbanizzazione e l’industrializzazione, ma altresì l’aumento della popolazione, l’alfabetizzazione e le idee di emancipazione, i nuovi sviluppi intellettuali e culturali, ma principalmente il concetto di nazionalità.

Alla fine dell’800 l’ideologia per eccellenza che si distinse in Europa è il nazionalismo, che pone come obiettivo ultimo il supremazia etnica di un popolo, e si fonda sull’eliminazione di minoranze etniche favorendo l’unicità di una comunità omogenea e organica, custode di valori propri della cultura di tale nazione. Il professore inglese Donald Bloxham afferò che la questione della nazionalità “fu il prodotto della disputa a proposito dei rapporti tra popoli appartenenti a un determinato gruppo etnico, della loro lealtà e sovranità sulla terra in cui vivevano”. In Europa si era, infatti, diffusa l’idea di “nemici interni”, contro i quali intraprendere un vero e proprio scontro. E nel risolvere tale “disputa”, i tedeschi elaborarono due distinti, ma allo stesso tempo distruttivi, espedienti, volti all’arianizzazione dello stato tedesco.

La pulizia etnica fu, senza ombra di dubbio, la più moderata: l’allontanamento di un gruppo a favore di un altro, escludendone e rimuovendone i membri dalla vita pubblica. Furono promulgate, nel 1935, le leggi di Norimberga, attraverso cui la discriminazione razziale e selezione nei confronti degli ebrei, fu condotta su base scientifica; si trattava di due leggi, attraverso cui fu negata agli ebrei la cittadinanza tedesca e la proibizione di matrimoni tra ebrei e “ariani”.

Si procedette quindi con l’emanazione di una serie di provvedimenti che ebbero come obiettivo finale il trasferimento forzato, anche per mezzo della concentrazione degli ebrei nei ghetti, e l’emigrazione degli ebrei dal territorio tedesco.

Per quanto riguarda l’emigrazione, fu persino progettato la dislocazione dei cosiddetti “non ariani” sull’isola di Madagascar, di proprietà dei francesi, ma non fu mai trovato un accordo tra i due paesi. Anche Mussolini propose a Hitler il trasferimento degli ebrei in Etiopia, colonia italiana, ma il Fuhrer non prese in considerazione la proposta.

Tali decreti paiono alquanto moderati e misurati, ma dietro a tali decisioni vi era l’esigenza del Partito a stabilizzare il proprio potere, soprattutto nei confronti dell’opinione pubblica. Vi era l’esigenza, infatti, di ottenere il favore e le simpatie della popolazione ma soprattutto il consenso da parte degli industriali, fondamentali per la fornitura di armi.

A ciò ben presto si aggiunse la violenza: maltrattamenti, fucilazioni di massa, atti vandalici e distruzioni di interi negozi di proprietà di ebrei.

Per rendere il territorio tedesco “judenfrei”(libero da ebrei), alla distruzione etnica fu presto preferita la distruzione fisica, che ha come fine ultimo lo sterminio di massa, l’eliminazione dell’intera “razza”. Lo stesso Hitler, nel gennaio del 1933 affermò: “Quanto a me, mi limito a dire loro che devono andarsene. Se ci rimettono l’osso del collo strada facendo, non posso farci niente. Ma se rifiutano di partire volontariamente, non vedo altra soluzione che l’annientamento”.

Lo stato nazista divenne pertanto uno stato genocida, e l’azione statale più affine al genocidio è la guerra. Precisamente si parla di genocidio come forma di guerra ideologica: sia il genocidio che la guerra comportano l’uccisione di individui che lo stato stesso ha designato come nemici e in entrambi i casi un ruolo importante viene giocato dall’odio, che conduce ad una disumanizzazione e diffamazione del nemico. Il Fuhrer affermò, che la guerra non fu voluta da lui, ma fu fomentata dagli ebrei. E la guerra, secondo Hitler, “può terminare solo quando il popolo ariano sarà estirpato o la razza ebraica sarà scomparsa dall’Europa. Ho già certi lavori preparatori al dispiegamento della soluzione finale”.

Tutti erano a conoscenza di tali dichiarazioni, degli scopi e delle volontà di Hitler, ma nessuno intervenne. Tutti si mobilitarono soltanto quando le ultimissime decisioni furono prese e messe in atto.

Il culmine della pazzia tedesca fu raggiunto con la discussione sulla “soluzione finale della questione ebraica” (Endloesung der Judenfrage), tenutasi durante la Conferenza di Wannsee, il 20 gennaio 1942, su proposta di Hitler.

Si procedette quindi al trasferimento dei “non ariani” nei campi di concentramento e di sterminio, adibiti a tale scopo :avvenivano così le selezioni degli abili al lavoro, destinati a morire a causa della fame, del freddo e delle inverosimili condizioni in cui erano costretti a vivere, degli inabili al lavoro, inviati direttamente alle camere a gas, per poi essere bruciati nei forni crematori,o sterminati per mezzo di fucilazioni e di iniezioni di fenolo al cuore. Questa macchina distruttiva è perdurata per anni, ha annientato milioni di ebrei, e solo dopo molto tempo qualcuno ha avuto il coraggio di fermarla.

Tutti osservavano ma non erano in grado di agire, o semplicemente non volevano. Tutti parevano ipnotizzati da Hitler, Mussolini e dagli altri che, come loro, si interrogavano sulla risoluzione di tale problema, che in realtà problema non era. Certo, alla fine la cancellazione della “razza”ebraica non fu realizzata, ma è assurdo di come in un continente così civilizzato si sia materializzato uno dei crimini più duri contro l’umanità. Ma l’aspetto più grave, è rappresentato dal fatto che di fronte a simili eventi, l’uomo non è per nulla cambiato e soprattutto non ha imparato, ed ha perseguito nella sua distruzione, nella distruzione del genere umano. E il fatto che la crudeltà e disumanità attuate da un popolo saranno eseguite da altri è segno che vi sono aspetti analoghi nella condotta individuale nei contesti sociali e di fronte all’influenza del potere sociale e politico, e ciò non può che destare inquietudine.

Bibliografia:

• www.wikipedia.it

• Donald Bloxham, “Lo sterminio degli ebrei”

• Édouard Husson, “Heydrich e la soluzione finale”

• Marcello Flores, “Tutta la violenza di un secolo”

Nicole Franceschet 5M

Antologia della Memoria realizzata dai ragazzi del Liceo Scientifico Grigoletti di Pordenone