“Anche se malato di Alzheimer da lungo tempo, mio padre manteneva intatta la sua furbizia e cercava in ogni modo di aggirare le domande del medico:

–       Che giorno è oggi?

–       Ma come che giorno è oggi? Non lo sa? Ma è su tutti i giornali!

L’unica sua caduta clamorosa fu Pertini. Quando gli chiesero chi era l’attuale Presidente della Repubblica (a quell’epoca era Ciampi) rispose:

–       Ma come non lo sa? E’ Pertini ovviamente!

Ma io non lo considero propriamente un errore. Per lui Pertini era IL Presidente della Repubblica. E se peccò di troppa sicurezza, lo fece in buona fede. Gli chiesero, quindi, di scrivere la prima cosa che gli veniva in mente. Lui prese la penna e scrisse: vivere di sogni è un’utopia. Lui che era un ex-operaio. Se ho amato qualcosa di mio padre, una volta diventato adulto, è stato, non la certezza, ma il sospetto che lui fosse un sognatore. E questo ha fatto nascere in me una grande tenerezza e una grande ammirazione. E poi una grande pena.”

 

Il regalo che mi ha fatto Maurizio Maggiani, autore de “Il Romanzo della Nazione”, in questo incontro pre-natalizio del salone Off365, è stato questo. Una storia inaspettata. Mi sono sempre piaciute le storie di famiglia. Non perdo mai l’occasione di farmi raccontare, ancora una volta, di quando sono arrivati gli americani. E di tutte le leccornie che regalarono al mio bisnonno per avergli detto dove si nascondevano i tedeschi. Aspetto tutto l’anno l’anniversario di matrimonio dei miei nonni per poterli ascoltare mentre raccontano come si sono conosciuti. E di come i lunghi capelli biondi di una giovane sarta furono subito notati da un giovane emigrato dal meridione. Ogni storia è come bere la cioccolata calda. Scalda il corpo e il cuore. E aspetto di ascoltarle solo perché non posso leggerle. Sono tutte custodite in quello che spavaldamente è chiamato “Libro della famiglia Dattilo”,  la cui apertura è riservata solo a particolari momenti e per il restante tempo rimane nascosto in un luogo ignoto ai più. Tra tutte le storie, però, vorrei contenesse proprio questa, perché in qualche modo le racchiude tutte.

Anche quando ormai sono molto anziani, così fragili da avere loro bisogno di noi, anche quando ormai ci sentiamo adulti abbastanza da non patire più alcun senso di inferiorità, i nostri genitori, i nostri nonni, continuano a insegnarci. Soprattutto quando sentono che il loro tempo è breve sono più preoccupati per noi che per loro stessi. Hanno fretta, anche inconsciamente, di trasmetterci ancora qualcosa, nella paura o nel sospetto che ci sentiremmo soli e spersi senza. E quello che il padre di Maggiani ha voluto dirgli è: vivere di sogni è un’utopia. Anche lui ammette di non aver mai osato chiedere il senso di quella frase. In ogni caso la sua generazione ha fatto tesoro di quel consiglio. Se non ha senso vivere guardando continuamente al futuro, aspettando solo il compiersi di qualcosa, lottando ogni giorno per ciò che non è possibile, allora è meglio vivere del presente. E il modo migliore per farlo è vivere da giovani. Più a lungo possibile. Ma se i nostri genitori devono essere giovani il più a lungo possibile, e noi dobbiamo aspettare che loro diventino anziani (o adulti) per poterci guadagnare un po’ di spazio… allora cosa ci rimane? Perché vivere di sogni sarà anche un’utopia, ma vivere senza sogni, quella è una disperazione. Forse il senso profondo era che i sogni ci fanno intravedere un mondo perfetto, che è impossibile nel complesso, ma solo riuscire a scorgelo è già una cosa grande. E loro lo sapevano anche avendo studiato poco, avendo lavorato tutta la vita, avendo faticato non da umili, ma da umiliati.

Maurizio scrive “Come facessero non lo so, ma era tutta gente che sognava mentre lavorava, e quello che avrebbero fatto con il loro lavoro era la loro utopia.” E se per noi è impossibile sognare mentre lavoriamo, almeno teniamoci stretti il sogno di un lavoro.

 

Martina Dattilo, Redazione BookBlog