È la frase che riassume meglio tutta la storia di Sekù, un giovane africano nato nella città di Bamako, costretto a scappare dopo la morte del padre, a fuggire dalle minacce dello zio Madu che, pur di ereditare le mucche – e quindi il lavoro – del fratello Jibrìl, avrebbe ucciso il nipote. Ed è così che inizia il suo viaggio, all’insegna della paura, degli incontri, della speranza in un futuro migliore, che però era così incerto da costruirsi da sé, passo dopo passo, senza essere controllato.

Il “grande guerriero” Sekù si trova costretto a combattere per trovare un luogo che lo accolga e che gli permetta di crescere con tutte le sue capacità e attitudini. Eppure sembra che il mondo non possa ospitare un nero africano come lui. Né l’Africa né l’Europa hanno spazio: tutto è occupato, e quando c’è un posto libero, si tratta quasi sempre di sfruttamento e di schiavitù. Le paure e i sogni di un adolescente come gli altri si trovano incastrati dentro le gabbie mentali della nazionalità, del razzismo, dell’intolleranza mentre l’umanità è soffocata dalle barriere e dai limiti artificiali che ci siamo posti. Partire su quel barcone, durante una notte cupa, vuol dire avere fede nella vita, significa riporre le proprie speranze in un futuro di cui non si conosce nulla. Ed è per questo che Sekù dice: “Volevo tanto e non sapevo niente”. I desideri si presentano sotto forma di una matassa scomposta che non ha inizio né fine, che si srotola e prende forma solo con il passare del tempo, con l’avvenire dei fatti. Sekù non sa niente, non sa nemmeno cosa vuole diventare, eppure parte, corre via dal suo paese perché sa che lì l’unica alternativa è la morte.

Anche “maman” non c’è più. Si trova in Africa eppure è contemporaneamente accanto e dentro di lui. I suoi insegnamenti lo hanno accompagnato durante il viaggio, lo hanno aiutato e consigliato. Ed è da qui che cogliamo l’importanza delle persone amate, il cui bene riesce a superare tutti gli ostacoli: fra terra, cielo e acqua le parole di “maman” si sono fatte spazio rapidamente fino ad arrivare al cuore di Sekù, fino a richiamare ancora una volta alla sua mente quel rispetto e quell’educazione che stanno alla base della lezione di vita che questa grande donna vuole trasmettergli.

Il libro “Sekù non ha paura”, scritto da Paolo Di Stefano e pubblicato dalla casa editrice Solferino, ci mette davanti in modo crudo l’inconsistenza dei nostri pregiudizi e la flebilità delle nostre credenze. Sekù ci porta con sé nel suo viaggio. Il suo linguaggio è talmente semplice, vivido e realistico che si ha la sensazione di poterci dialogare, di poter vivere per qualche momento la sua realtà, di vederla attraverso i suoi occhi, senza l’influenza della politica o dei pregiudizi. Il romanzo ci mostra infatti l’umanità come risorsa unica per abbattere quei muri e ci infonde fiducia nel “grande sogno” di superare i limiti delle nostre stesse paure. Così come Sekù non teme più la difficoltà di essere al mondo, allo stesso modo ognuno di noi dovrebbe valicare il terrore verso il diverso, verso il non-conoscere e aprirsi invece verso il ri-conoscere l’uomo, in ogni sua forma. L’accettazione della diversità e il riconoscimento dell’umanità sono le due vie che possono aiutarci a vedere il mondo con occhi nuovi e a realizzare quel “grande sogno”. Superare la crudeltà, la violenza e l’egoismo umani è possibile solo se si parte da se stessi. Un passo alla volta, così come per il viaggio di Sekù, si potrà arrivare a credere nella vera possibilità di essere tutti necessariamente insostituibili, ugualmente disuguali.

Gli studenti dell’Alessandra Tosca dell’I.S. Majorana-Arcoleo di Caltagirone

Leggi anche la presentazione dei ragazzi che partecipano al progetto