Quest’anno era la mia “prima volta” al progetto Adotta uno scrittore del Salone del Libro di Torino. Quando mi è stato annunciato che ero stata selezionata, eravamo diversi mesi prima dello scoppio dell’epidemia e quindi mi immaginavo una esperienza ben diversa da quella che poi è stata. Gli organizzatori nelle prime mail mi spiegavano che ero stata assegnata a un istituto superiore di Vercelli, l’It Faccio, una terza classe che avrebbe letto il mio romanzo Con l’anima di traverso (Solferino) centrato sulla vita della partigiana Laura Wronowski, nipote di Giacomo Matteotti. Erano previsti tre incontri e mi preparavo a raggiungere Vercelli dopo aver preso contatto con la professoressa Vincenza Scileppi.
Di incontri con le scuole ne faccio da diversi anni e mi ero mentalmente predisposta a parlare con i ragazzi non solo del mio romanzo, ma della lettura in generale come strumento di crescita e di conoscenza, di maturazione di una sensibilità aperta al futuro e al prossimo. Gli incontri erano fissati per marzo 2020.
Poi c’è stato il 21 febbraio, la nostra vita ha preso la piega che tutti conosciamo, con il lock down e la sospensione della didattica in presenza e di tutte le altre attività legate agli incontri dal vivo.
Ma la voglia di conoscerci era rimasta e quindi con la prof ho fissato i primi due incontri per il 13 e il 18 maggio in collegamento su una delle piattaforme usate dagli studenti nella loro routine della scuola in streaming. All’appuntamento si è presentata tutta la classe e abbiamo chiacchierato a lungo, in un clima molto amichevole, e nonostante la distanza, allegro. Ognuno dalla sua abitazione, questa modalità virtuale di dialogo alla fine non ha limitato lo scambio. Anzi, credo che per loro, come per me, sia stato alla fine utile dialogare sulle nostre sensazioni recluse, sulle difficoltà che stavamo tutti affrontando, sulle possibilità di evadere dalla gabbia della quarantena offerte dalla lettura e dai libri. In uno dei due incontri ho parlato con loro anche del mio lavoro giornalistico, legato prevalentemente al Covid in quei mesi e quindi i discorsi si sono spostati anche al pensiero del loro futuro, dei loro sogni per una professione da adulti.
A settembre, essendo rimasto indietro un incontro da fare, ci siamo rivisti. I ragazzi erano reduci da un’estate un po’ limitata, ed erano di nuovo in Didattica a distanza, io in smart working.
A questo punto, ho avuto l’idea di parlare con loro di altri libri ed essendo a casa ho usato il tablet per mostrare loro la mia libreria, in una visita virtuale. Ho potuto parlare con loro dei romanzi che io ho amato alla loro età, facendo vedere i volumi, leggendo alcuni brani, spiegando perché un libro mi sembrava diverso dall’altro e affascinante per motivi particolari. Per esempio ho mostrato loro Maus di Art Spiegelman, graphic novel sull’Olocausto, e la Banalità del Male di Anna Arendt, raccontando come in fondo trattassero dello stesso argomento, anche se con stile e linguaggio molto lontani. Tutto questo con i libri a portata di mano, cosa che se fossi andata in classe fisicamente non avrei potuto fare. Alla fine insomma, quella che poteva essere una limitazione dell’incontro, l’abbiamo sfruttata come un’opportunità in più. E mi pare che ai ragazzi che erano con la professoressa Paola Savi la cosa sia piaciuta.
Speriamo che qualcuno di loro, in questi tempi di clausura si faccia incuriosire dai libri che ho mostrato e provi ad evadere dalla sua quarantena attraverso la lettura.
Zita Dazzi
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