Uomo.

È incredibile come il concetto più vicino a noi, per il nostro stesso essere, possa contenere dentro di sé così tante contraddizioni, soprattutto oggi, nel mondo della tecnologia. Ed è così che questi dubbi vanno a invadere anche il campo della medicina, antico ma in continuo progresso. Uno dei dibattiti più discussi è quello sull’eutanasia. É questo l’argomento che affrontano Umberto Veronesi, in veste di medico e scienziato ateo, e Giovanni Reale, filosofo credente. Il loro pensiero è disseminato da differenze e contrasti, ma esiste, in realtà, un punto in comune, anche se più difficile da individuare. Entrambi, infatti, sostengono che la medicina non debba essere organistica: gli uomini non sono insiemi di organi, ma essere umani e talvolta la cura che conta di più è quella riservata all’anima. I medici dovrebbero possedere empatia, ovvero la capacità di immedesimarsi nell’altro: bisogna abbandonare la tendenza diffusa ormai in America di considerare i pazienti solo come i portatori della malattia. La scienza ne è la causa perchè procede per paradigmi; da qui si genera un deleterio tecnicismo: “ciò che la scienza dice che si può fare, si deve fare”. Si approda, quindi, ad una sacralità della tecnica che dà la possibilità ad un uomo di assumere potere su tutti gli altri, addirittura quello di privare della morte, un momento fondamentale della vita. Di fronte a persone che soffrono e non avranno più la possibilità di vivere davvero, tre sono i modi con cui relazionarsi: lasciare morire, aiutare a morire e fare morire (eutanasia). Le prime due vie sono decisioni dei soli medici, la terza èdel paziente. Ed è qui che i pareri di Reale e Veronesi divergono. Per il filosofo l’eutanasia non è giusta: è la natura, il cosmo, Dio a dover scegliere. Contrario è lo scienziato: la morte è un paliativo contro la sofferenza, contro una vita che non è più tale. Chi ha ragione? Difficile dirlo. Relativamente a una questione così delicata le opinioni continueranno ad essere diverse e divergenti a seconda delle credenze e della coscienza di ciascuno. Quello su cui tutti però dovremmo essere concordi è che la morte non solo è inevitabile, ma è anche necessaria, funzionale alla vita stessa e ad un certo punto, diventa giusto, persino un dovere, abbandonarsi ad essa.

Silvia Garuti, Irene Cavallari, Valentina Govoni, Caterina Marzocchi, Margherita Mastellari, Angelica Hamado, Sara Porta

Liceo Ariosto