Oggi presso l’ex Convento di San Francesco di Pordenone, Steve Della Casa ha presentato, anche se non materialmente, il suo nuovo libro “Splendor”, infatti l’autore ha presenziato in collegamento Skype per l’intera durata dell’incontro. Il libro è un excursus all’interno della storia del cinema italiano, da cui sono stati estrapolati alcuni aneddoti, per esempio la cultura cinematografica della nostra nazione non nasce a Roma ma a Torino, ne è la prova il film “Cabiria”, fenomeno mondiale, girato da Giovanni Pastrone ed erroneamente attribuito a Gabriele D’Annunzio.
Un altro simpatico aneddoto riguarda Luigi Pirandello, che nonostante sia sempre stato contrario ai film sonori, ha permesso di mettere in scena una sua commedia, come uno dei primi film del ‘900, non muti.

Durante l’incontro, organizzato da Cinemazero che ha base a Pordenone, sono state mostrate alcune clip, tra cui una sequenza presa da “Ladri di Biciclette” in cui appare un giovanissimo Sergio Leone. Queste due scene vogliono mostrare come nel cinema italiano non ci sia mai stata una netta cesura di due epoche e appunto proprio “Ladri di biciclette” mostra caratteristiche neorealistiche.

Altri episodi riguardano personaggi come Monica Vitti e Gassman. La prima infatti la ricordiamo come un’attrice comica, sebbene abbia recitato in molte tragedie. Gassman, invece, per poter avere un ruolo comico, deve prima recitare in un film nel ruolo di un pugile.

Steve Della Casa, inoltre, va a scandagliare il cinema di serie B. Per capire una cinematografia non bisogna guardare solo i capolavori. Ed è per questo che nel libro racconta molto riguardo il cinema di genere. Due esempi (di cui sono sono state mostrate due clip) sono “Le fatiche di Ercole” e “Maciste nella valle dei Ciclopi”. Il cinema di genere, per l’Italia è stato una risorsa straordinaria perchè ha permesso di sperimentare moltissimo, ancor più che con il cinema d’autore.

Del cinema italiano va anche analizzato anche il fatto che avesse una notevole capacità di raccontare la storia con il sorriso, in maniera dolce – amara. Questa era una cosa tipica degli anni ’60 ed è un dettaglio che ha ormai perso.

“Splendor” si conclude con un’indicazione, una preveggenza. Dice che il cinema sarà unito alla televisione e troverà nuova linfa attraverso il documentario. E’ una casualità che proprio un documentario abbia vinto l’ultima edizione del festival del cinema di Venezia?

Camilla Brumat
Arianna Rizzi