“La replica per favore datela a qualcun altro”
Queste le parole che più mi hanno colpito nei primi minuti, pronunciate da Diego De Silva, avvocato penalista napoletano che nel 2001 abbandona la professione per dedicarsi completamente alla scrittura. Insieme a Daniele Galianone, cineasta italiano, e ai due mediatori Umberto Mosca e Michele Marangi presenta “Nuove frontiere della creatività”, una delle prime conferenze nel mattino torinese del primo giorno del Salone del Libro 2013.
Appare subito chiaro lo scopo: l’impossibilità di definire la creatività.
Nuove sono le frontiere, nuovi i metodi, ma esistono veramente altre frontiere? I confini sembrano già stati superati. Si parte dalla scrittura destinata sia alla pagina scritta che allo schermo; in entrambi i casi si sta evolvendo, sta diventando parte integrante della vita di ognuno di noi e con un cellulare apre interi mondi. I giovani, noi, la nostra generazione ne siamo i protagonisti indiscussi, i personaggi principali di quell’epoca che i relatori definiscono apocalittica. La creatività ai nostri tempi vira verso le emozioni forti di distruzione e noi viviamo nella contemporaneità la completa demolizione di un modello, il continuo rinnovamento di schemi. Non sappiamo più che linea seguire e non vogliamo ritrovare questo spaesamento sugli schermi; si genera quindi il paradosso moderno: esigenza di esprimersi e incapacità del sistema di catalizzare questa voglia. L’esperienza personale di Galianone in una scuola di grafica ne è l’esempio: “Ho chiesto ai ragazzi di scrivere una sceneggiatura, poi gli ho chiesto se sarebbero andati a vederla fossero stati loro gli spettatori. La risposta negativa mi ha lasciato perplesso”.
Nuove frontiere esplorate, nuovi progetti portati avanti dai giovani. Come il cortometraggio lo studente perfetto vincitore del Premio Biennale Democrazia a Sottodiciotto Filmfestival 2010 che viene proiettato, (ispirato a “l’uomo perfetto” di Jorgen Leth). Sono i ragazzi che devono provarsi, ricercare ciò che ci mette in crisi, sperimentare il più possibile. Si può quindi parlare di un “cambiamento antropologico” come lo definisce Gaglianone: il continuo show a cui siamo sottoposti ci cambia, ci fa comportare in modo diverso e la figura del genitore perde importanza in questo spettacolo a cui non riescono a prendere parte. Allora sorge spontaneo il dubbio: ci si sta evolvendo in una società di narcisi? Inevitabilmente il discorso dei relatori tocca Facebook, colpevole di dare un’immagine di noi che rappresenta un sogno, non la realtà. Non si ha più il tempo di guardarsi dall’esterno e capire, comprendere ciò che siamo e ciò che vorremmo essere. I bambini diventano impiegati da sistemare in piscina, al corso di inglese e a scuola, non ci sono più momenti vuoti che favoriscano quell’analisi di sé che conduce alla creatività.
L’inventiva è quindi morta? No solo in stallo, bisogna ritrovare quella letteratura e quel cinema che ci portano in un posto a noi familiare, in un posto dove percepiamo di essere già passati: una nuova frontiera della creatività.
Silvia Garuti,
Galeotto fu il libro,
liceo Ludovico Ariosto Ferrara.
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