“Come mai ha deciso di scrivere la storia di Ilaria?” Questa la domanda con cui si è aperto l’incontro con Gigliola Alvisi, autrice di Ilaria Alpi. La ragazza che voleva raccontare l’Inferno. Gigliola ha scritto questo libro per fare conoscere a tutti i giovani il lavoro di Ilaria Alpi, giornalista del TG3, e di Miran Hrovatin, cine-operatore che la affiancava nelle sue missioni. Quando ha ricevuto notizia della loro morte, ci confessa l’autrice, non ha pensato tanto alla famiglia di Ilaria quanto alla moglie e ai figli di Miran, perché anche suo marito svolge lo stesso lavoro. Per nascondere l’attentato di Ilaria e Miran, avvenuto in Somalia nel Marzo 1994, sono state raccontate tante squallide bugie. Si è detto addirittura che i due giornalisti sarebbero stati uccisi durante una vacanza da un colpo sparato in aria. Si è trattato certamente di un depistaggio messo in atto per distogliere l’attenzione dalla verità scottante che Ilaria aveva scoperto durante la sua missione.
Ilaria, aggiunge Gigliola, era una persona rivoluzionaria. In che senso? Nel senso che era una persona che faceva molto bene il suo lavoro. Era una giovane donna molto coerente, poco interessata alle apparenze, tanto da risultare addirittura antipatica in certi contesti. Ad esempio, non ha mai dormito nell’albergo in cui soggiornavano tutti i giornalisti italiani, e, pur essendo molto riservata, se non le andava bene qualcosa si imponeva e non la faceva. Era inoltre una delle poche giornaliste a conoscere molto bene l’arabo, tanto che spesso anche gli inglesi si avvalevano della sua collaborazione come interprete. Lo scopo del suo ultimo viaggio era quello di documentare la fine della missione italiana in Somalia, ma probabilmente nel corso di questo lavoro aveva scoperto qualcosa di molto scottante, che avrebbe dovuto inviare per il TG in Italia lo stesso giorno dell’attentato. Tutto il materiale raccolto e quasi tutte le videocassette girate da Miran scomparvero nel nulla, e ancora dopo vent’anni non conosciamo la verità sulle ragioni della loro uccisione.
Una problematica importante affrontata nel libro è la pratica dell’infibulazione, ovvero la mutilazione genitale femminile. Questa è una barbarie praticata ancora in quaranta paesi del mondo, senza anestesia e con gli strumenti meno adeguati, che spesso provocano infezioni gravissime, addirittura mortali. Questa pratica può essere considerata un tentato omicidio nei confronti di tutte le ragazze che ricevono il “trattamento”, ma a causa della tradizione millenaria che la sostiene è stato finora impossibile sconfiggerla.
L’emozionante incontro termina con molti applausi, assolutamente meritati, e i ringraziamenti all’autrice.
Ecco l’intervista che abbiamo realizzato in redazione con Gigliola Alvisi.
Daniela e Elisabetta, scuola secondaria di primo grado Peyron – Torino
Federica, tutor FuoriLegge
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