La conferenza tenuta dal giornalista Carlo Grande e dal giurista Stefano Rodotà si apre con la domanda che verrà riproposta durante tutta la discussione: “cosa sono i beni comuni?” La risposta è che sono risorse utilizzabili senza restrizioni. Peccato però che non si trovi risposta alla domanda “quali sono i beni comuni?” infatti essendo entrato questo termine nel linguaggio comune si sbaglia anche nell’utilizzo, si legge addirittura dal Corriere della sera che i poeti sono un bene comune e dal Partito Democratico si sente dire che l’Italia è un bene comune, da ciò si comprende quanti diverbi e quanta confusione ci sia sulla definizione di bene comune.
Stefano Rodotà cerca comunque di chiarire le idee al pubblico dividendo i beni comuni in tre categorie principali: 1 quelli immediatamente necessari per la soddisfazione dei diritti fondamentali; 2 quelli che hanno un notevole rilevanza per la collettività grazie a cui tutti possono tutelarsi; 3 quelli visti come prospettiva filosofica, politica ed economica. Dopodiché afferma che la riscoperta dei beni è necessaria, è quasi un bisogno fisico della comunità, è esercizio vitale per l’uomo. Si discute parecchio poi riguardo alla differenza fra beni comuni caratterizzati da scarsità e quelli che invece non lo sono, un bene caratterizzato dalla scarsità è sicuramente l’acqua, da cui nasceranno anche guerre, mentre un bene non caratterizzato da scarsità è la conoscenza di rete, eppure essa è chiusa, serrata e addirittura regolata (si parla infatti di pirateria del web). La conoscenza di rete, dice Rodotà, corre lo stesso rischio dell’Inghilterra durante il 600-700 in cui i commons, terreni sfruttabili da tutti, vengono sostituiti da appezzamenti assegnati ad una singola persona, questa è la chiusura dell’ Inghilterra. La scarsità naturalmente, per la conoscenza di rete, non esiste ma c’è perché qualcuno la vuole far diventare così. Rodotà fa quindi un esempio moto semplice per precisare il concetto: uno volta, durante la sua giovinezza, poteva seguire le partite senza problemi e soprattutto senza pagare, ora dal canone Rai, al decoder, alle piattaforme televisive senza cui non si può più vedere quasi nulla, non si smette più di pagare.
Si parla puoi della salute, c’è chi afferma che la salute stessa sia un bene comune, Rodotà nega assolutamente ciò, ma essa è comunque una preoccupazione per lo stato il quale si deve crucciare su come tutelare la salute di ogni cittadino attraverso i beni comuni indipendentemente dalla disposizione finanziaria.
La conclusione e il messaggio finale che si vuole trasmettere è: salvaguardare i beni comuni per salvare il mondo e le generazioni future.
Erica Marangoni & Andrea Santamaria
Redazione Alieri
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