Questa è una storia di coraggio, di numeri e di velocità: è la storia di Hazrat ed è con le lacrime agli occhi che oggi ce l’ha raccontata.
Hazrat è ormai un ventenne, ma quando ha cominciato il viaggio di cui il libro racconta era solo un bambino afghano, che aveva visto coi propri occhi la morte della madre e dei suoi fratelli.
Un bambino cresciuto fra Cowboy e Grigi, le due fazioni nemiche. Un bambino che ha deciso di abbandonare il suo Paese, di fuggire dal suo passato.
“Corse senza mai respirare, guardare, pensare. E quando credette di non poter correre più, corse ancora più veloce.
«Smetti di correre! Ce l’hai fatta, è finita! […]
Sembra proprio che avessi i diavoli al culo».
Non erano i diavoli, erano i miei fratelli”.
Hazrat ha girato mezzo mondo, è scappato attraverso sei Paesi diversi e, in un giorno dispari, è arrivato in Italia, dove finalmente si è fermato. Qui ha cominciato a vivere da uomo libero e qui è stato riconosciuto come tale.
La sua è una storia che merita attenzione, ma purtroppo non le è stata attribuita la giusta importanza, infatti l’evento avrebbe potuto essere valorizzato di più: non è da tutti i giorni incontrare di persona il protagonista di una storia simile; è stato emozionante come sarebbe stato per noi conoscere Amir, il protagonista de Il cacciatore di aquiloni, o Enaiatollah, de Nel mare ci sono i coccodrilli.
Hazrat, molto gentilmente, ci ha concesso un’intervista ed era palese la sua emozione.
Ci ha raccontato che è stata una sfida parlare del suo passato ed è dopo molta insistenza che finalmente questo racconto straordinario, quasi incredibile, è diventato un libro dal titolo Tutti i giorni sono dispari (Sperling & Kupfer).
È soddisfatto del libro in cui Pierdomenico Baccalario è riuscito a riproporre le sue reali sensazioni, le sue paure, ma anche i momenti di gioia.
Quando gli abbiamo chiesto se la sua storia potrà mai essere pubblicata in Afghanistan, Hazrat ha risposto in modo semplice e commovente che se la riterranno una buona storia, la pubblicheranno, altrimenti no, ma non crede che questo cambierà qualcosa all’interno di quei traffici disonesti che sfruttano i clandestini e che lui ha denunciato: loro lo fanno per soldi e non verranno di certo intralciati dalla testimonianza di uno dei tanti emigrati afghani.
Hazrat ricorda la sua terra con malinconia, rammaricandosi di non essere più legato ad essa e del fatto che ormai sembra essere famosa solo per il terrorismo.
Francesco Pizzorni e Ilaria Olmo scuola media Caduti di Cefalonia – Torino
Sara De Mola, liceo scientifico Galileo Ferraris – Torino
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