All’Arena “Spazio Piemonte”, si è tenuto l’incontro con Paolo Poli, straordinario attore e regista, in questi giorni in scena al teatro Stabile di Torino, il quale con coinvolgente simpatia ricorda un suo spettacolo teatrale di vent’anni fa, in cui era stata inscenata la storia di Genoveffa, Geneviève. Il titolo in italiano “suona un po’ goffo” e ricorda la sorellastra di Cenerentola, ma appare molto affascinante in francese.
E’ una storia che Paolo Poli considera molto commovente, tratta dal Boccaccio e parla di una donna che si rifugia in un bosco, in cui una capriola la tiene in vita allattandola.
La trama della Genoveffa era amata da Proust perché conteneva nel suo nome una parola latina da lui amata, “ante”, che voleva dire prima, e rivestiva per lui il medesimo ruolo che aveva il termine “vago” per Leopardi.
Quella della Genoveffa è, secondo l’attore fiorentino, una storia offuscata da “ombre nere” e che ha per questo suscitato un po’ di malinconia nell’attore.
Nonostante vi sia un sottile dubbio nella rappresentazione, tuttavia,  in quanto storia medievale, è giusto che vi sia un’atmosfera oscura poichè prima di Petrarca, al tempo di Dante, “la selva oscura” era l’elemento caratterizzante nella letteratura.
Durante il suo incontro fa notare alla platea, davvero affascinata dal suo intervento, come molti registi di oggi, pur di guadagnare soldi, producano film senza alcun senso, creando una divisione netta rispetto ai registi di un tempo, nei confronti dei quali Paolo Poli ha una grandissima stima.

Giulia Amerio e Federica Brutti

Redazione Alfieri