Tra le novità in programma per festeggiare i 10 anni, anche lo spettacolo teatrale: Donne che cucinano la vita. Liberamente tratto dai racconti del Concorso Lingua Madre. Di seguito trovate una scheda riassuntiva dello spettacolo, che sarà in programma al Salone Off 365, e l’intervista a  Laura Malaterra, regista dello spettacolo

Con: Ginevra Giachetti, Marta Laneri, Francesca Netto LabPerm di Castaldo, riduzione teatrale e regia Laura Malaterra, canti e movimenti Domenico Castaldo.
In scena desideri, relazione, ascolto, cibo, ma soprattutto speranza, felicità e amore. Un insieme di episodi, canti e balli che dimostrano come costruire sia sempre possibile, che il terreno, anche se sconosciuto, può essere addomesticato e rifiorire, portando con sé la meraviglia di profumi sempre diversi. Senza negare gli elementi drammatici dell’immigrazione, infatti, lo spettacolo presenta gli aspetti più emotivi, teneri e anche divertenti delle storie di donne straniere. Le attrici danno vita ad una vicenda che lega grandi e piccoli episodi di antiche memorie a una esistenza tutta da scoprire. Tra profumi, ricette, tradizioni, cibi attraversati dalla cura e dall’amore delle protagoniste e di tutte le donne.
Lo spettacolo sarà in programma SALONE OFF 2015 Domenica 17 Maggio – Ore 19.00- Teatro di San Pietro in Vincoli – Torino. La performance sarà preceduta da un “apericena”, allestito nel suggestivo chiostro di San Pietro in Vincoli, per ricreare con il pubblico un momento reale di condivisione, gioia e convivialità.

Come è nata l’idea di una riduzione teatrale dei racconti del Concorso Lingua Madre legati al cibo?

 

Leggendo i racconti del Concorso Lingua Madre mi avevano colpito i tanti riferimenti al cibo, al cucinare, al gustare insieme le pietanze preparate, alle profumate ricette, saporite e variopinte, ricordate e proposte dalle innumerevoli donne del mondo che hanno partecipato in questi anni al Concorso. Sono momenti che sentiamo felici, di condivisione di ricordi del paese natio, memorie di un’infanzia che le donne osservano da lontano e quasi stupite – di fronte ai dolori e alle difficoltà affrontate e ancora da affrontare – e rivivono come lieta e spensierata. Le donne rammentano con languore una parte importante della loro vita: il ricordo di parenti, amici, abitudini, paesaggi, ricorrenze, feste… dove la preparazione del cibo diventava un rituale per sentirsi unite, fortificate dalle abitudini della famiglia. Abitudini e ricette che non hanno dimenticato e non dimenticano, che portano e porteranno in giro per il mondo, durante i loro pellegrinaggi alla ricerca di una vita più serena, per loro e i loro figli. E sempre, nel nuovo paese che le ospita, vanno cercando gli alimenti dell’infanzia per preparare la chifa, piatto peruviano a base di riso farcito con verdure e pollo o pesce, le sarmale piatto tipico rumeno, il ceviche ricetta dell’Ecuador a base di pesce… e tanti altri piatti… perché già solo vedere, sentire il profumo di quelle vivande e poi assaporarle le riavvicina alla vita e agli affetti di un tempo e ogni ricetta diviene un percorso meraviglioso nel passato.

Nello spettacolo “Donne che cucinano la vita”, dove già il titolo vuole presentare questi pensieri, ho voluto mettere in scena le donne che ricordano, parlano, cucinano i cibi che riscaldano sul fuoco lento della loro memoria.

 

Quale emozione o storia l’ha maggiormente colpita e perché?

 

Difficile scegliere tra tante storie coinvolgenti ma forse il racconto di Marie Louise Rasoamahafaly, Costruire in due mondi, Madagascar, è quello che maggiormente mi ha fatto entrare nella narrazione, quasi fosse un film. Marie Louise con il padre e i fratelli che al mattino presto, dopo una rapida rinfrescata al viso, si mettono la vanga in spalla e raggiungono il campo di mais, di patate dolci, di manioca, di arachidi o le risaie quando è stagione, il numero di hibotry – il mucchio di terra dove si piantano due rami di manioca – fissati dal padre e i fratelli che fanno la gara per finire prima… il ritorno a casa affamati, un ritorno che sento illuminato e riscaldato da un sole cocente, la mamma che – come tutte le mamme del mondo – li accoglie con una colazione succulenta per affrontare il viaggio per la scuola – il vary sosoa riso brodoso con pesce, carne o verdura “… avanzata apposta dalla cena del giorno prima…” chiudo gli occhi e mi pare di sentire il suo forte profumo – la cartella di pelle di zebù fatta dal padre di cui Marie Louise va giustamente molto fiera… Leggendo il racconto ho pensato a quando aiutavo mio padre a zappare nella vigna, al mio ritorno a casa affamata e rinfrancata dalle succulenze preparate dalla mamma, alla mi cartella di cuoio che lucidavo e che mi piaceva tanto… Quante similitudini, le stesse sensazioni di gioia, la felicità di giocare lavorando, la stessa beatitudine nel rivedere la mamma e sentirla sempre pronta ad amarci e a rifocillarci…

Lei ha anche scritto un libro sul tema del cibo – Ricordi di cibo, il cibo dei ricordi (Robin Edizioni) – appena uscito e che sarà presentato al Salone del Libro e a Expo Milano 2015. Ci può anticipare qualcosa sul contenuto?

 

Tanti sprazzi di vita – in famiglia, con gli amici, in osterie e ristoranti – legati al cibo. Dalle fragranze della cucina dove si preparavano i manicaretti che ora ricordo con infinita nostalgia… alle ricette dell’Artusi, il vademecum della buona cuoca! Perché naturalmente il tempo colora di magia l’infanzia ma anche le pietanze; è tutto un ribollire di sapori che credevo perduti e invece ho ritrovato scrivendo. E’ un libro che credo faccia venire l’acquolina in bocca e immerga il lettore in profumi appetitosi, con il sottofondo musicale dell’acqua che bolle e la frittura di acciughe argentate. L’ultimo racconto 154 tiehnerhaF, omaggio speculare al romanzo di fantascienza Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, presenta invece il futuro, un futuro proiettato nel 2126 dove sette semi donano alla protagonista del racconto una nuova speranza di vita… perché il cibo è e sarà una delle principali sfide del mondo contemporaneo e futuro.

Com’è stato lavorare con LabPerm di Castaldo? In che modo siete riusciti a intrecciare le reciproche competenze?

 

Il teatro unisce e rigenera gli animi. Non conta l’età. Contano l’entusiasmo, il desiderio di mettere in scena sensazioni e la vita stessa, l’ebbrezza di vivere uno spazio di tempo reale e irreale, dentro ma a volte anche fuori da questo mondo. Queste premesse per illustrare la mia coinvolgente esperienza con LabPerm dove, a mio parere, siamo riusciti a superare la differenza di età, di esperienze teatrali e di vita con l’unico obbiettivo – che io reputo felicemente riuscito ma sarà il pubblico a giudicare e… applaudire! – di mettere in scena il meglio della nostre “reciproche competenze”. La forza magnetica delle attrici “… l’uso del corpo come strumento” le sonorità e i movimenti in scena frutto di “Diciassette anni di lavoro ininterrotto alla scoperta degli impulsi fisici, grazie ad uno specifico allenamento e all’attività su differenti testi…” come scrive Castaldo che dirige il LabPerm, si sono unite alla mia lunga esperienza teatrale di attrice e regista e immediatamente, dopo la prima giornata di prove, è scoccata quella scintilla che a volte, ma raramente e per questo più preziosa, ti fa toccare il cielo con un dito.