I locali del centro civico della Circoscrizione 10 di Torino hanno ospitato ieri, 17 Maggio 2015, la presentazione dell’ultimo libro di Gianrico Carofiglio, La regola dell’equilibrio (edizioni Einaudi). Si è trattato di un dibattito molto interessante, durante il quale il libro è stato fonte solo di alcuni brevi spunti; i temi portanti, infatti, sono stati altri.
L’autore ragiona inizialmente su come il passato e i ricordi influenzino inesorabilmente la vita delle persone, e su come la memoria sia ingannevole, pericolosa, e sì, anche creativa. Questo perché il ricordo del passato non è mai oggettivo, come si potrebbe credere, bensì sempre frutto di una rielaborazione inconscia della nostra mente, condizionata da innumerevoli fattori esterni. Ricordare è un po’ come dipingere un quadro: la mente ricostruisce un episodio partendo da degli elementi base.
Carofiglio fa poi una pesante critica all’indottrinamento psicologico e alla manipolazione delle idee per il raggiungimento di uno scopo non dichiarato. Riflette sul concetto di verità relativà, l’argomento forse più interessante e sfuggente che traspare dai suoi libri, e prosegue quindi parlando di ciò che per lui deve essere un buon romanzo.
Secondo lo scrittore-magistrato: “Il romanzo deve essere veritiero, cosa che appare come una contraddizione, in quanto il romanzo stesso, per definizione, è un’opera di fantasia”. Esso diventa quindi il racconto di una realtà verosimile e possibile: di fatto gli scrittori dovrebbero parlare di verità mediante la finzione. Citando Aristotele, Gianrico afferma che ciò che noi vediamo può legittimamente essere interpretato in modo diverso da altre persone, e che la verità relativa dipende dal fatto che l’interpretazione della realtà è soggettiva e cambia, se pur impercettibilmente, da individuo ad individuo.
Carofiglio fa poi riferimento alla metamorfosi kafkiana, dove la verità manipolatrice del padre viene interiorizzata dal figlio che, convinto di essere ripugnante, per non sconvolgere chi gli sta accanto, si chiude in camera e si nasconde a coloro che, invece di provare a comprenderlo, lo ritengono un essere mostruoso.
La scrittura, secondo Carofiglio, oltre che intrattenimento, è soprattutto informazione e deve poter trasmettere il TUTTO, non una sfumatura soltanto.
È giusto che dopo la lettura di un romanzo rimanga il dubbio, proprio perché è stato trasmesso lo scenario complesso in cui si svolge la storia. Il dubbio stimolerà ognuno di noi a fare le proprie considerazioni e a trarre le proprie conclusioni, valutando e giudicando i protagonisti del racconto letto in base al proprio vissuto.
Alla domanda: “Lei, da magistrato, come vedrebbe il ruolo dell’avvocato che dovesse difendere un suo collega accusato di corruzione?”, Carofiglio ha risposto affermando che tutti devono avere un difensore (che ha un ruolo tecnico), senza però che questi entri in collusione con chi compie reato. Il suo ruolo deve volgere all’ottenimento della minima pena per l’assistito, pur rimanendo uomo di legge e quindi lontano da tentazioni illecite.
Daniele Alemanno e William Marius Husanu – I.I.S. Primo Levi di Torino
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