Il noto storico d’arte Salvatores Settis tiene una formale e rigida conferenza finalizzata non solo alla presentazione del suo nuovo libro Se Venezia muore, ma anche alla denuncia di quelle meraviglie d’Italia di cui siamo gli “indegni eredi” e i “pessimi gestori”,  aggiungendo così una nota di disappunto e critica al titolo tematico del Salone del Libro 2015.  Facendosi esponente di un’atto d’accusa contro l’urbanizzazione di massa nelle periferie e la legittimità di chiamare “processo di modernizzazione” la costruzione di grattacieli disarmonici con il resto del tipico stile urbano delle città italiane, Settis  prende come paradigma di città insidiata da una falsa modernità e svuotata della sua memoria storica Venezia, soppressa oggi da un turismo di massa e soggetta alla negativa iconizzazione nel resto del mondo: famoso è infatti l’esempio dell’hotel-casinò di Las Vegas “The Venician”,  all’interno del quale è presente una riproduzione in piccolo del capoluogo veneto.

I centri storici italiani stanno perdendo l’antica importanza visiva e l’immagine di identità collettiva fonte di forza e cultura, tipica del concetto classico e secolare di urbis, attraverso quel meccanismo sociale della produzione di spazio, che, alimentato da pretesti della produzione e del mercato, dà vita a periferie caratterizzate da architetture massicce e povere, sopprimendo il concetto di città e il cittadino stesso. Quest’urbanizzazione forzata promuove il disorientamento del singolo, mortificando i suoi diritti sociali, come quello del diritto alla città, fondamentale per l’etica della cittadinanza e il benessere comune.

Giulia Bigliani