Può esserci un contatto tra letteratura e industria?

E’ proprio questo l’obiettivo del premio Biella e dei cinque finalisti di questa edizione. Se finora la letteratura si era concentrata sulla classe operaia, adesso emerge il ruolo di imprenditore.

L’immagine del padrone autoritario ed avido lascia il posto a quella, a parer degli autori più vicina alla realtà dei fatti, dell’imprenditore sensibile e coraggioso, interessato tanto al guadagno quanto alla buona condizione dei propri dipendenti.

I relatori dell’incontro tenutosi a Spazio Incontri hanno messo in evidenza peculiarità e intenti delle varie opere, di cui sono stati letti alcuni passi accompagnati dalla musica dal vivo a cura del Jazz Club Biella.
“Fermarsi vuol dire perdere tutto”. Questo è il succo del romanzo Effetto domino dell’avvocato specializzato in diritto fallimentare, Romolo Bugaro, il cui scopo è uscire dal consueto schematismo che si riscontra in molte narrazioni di questo genere. Proprio la sua professione lo mette quotidianamente in relazione con imprenditori, in crisi economica e personale, la cui influenza è ben visibile nel protagonista del romanzo.

Il romanziere Marco Buticchi in Casa di mare conserva e tramanda invece la memoria di un’Italia che si rimbocca le maniche e risorge dalle proprie ceneri attraverso la biografia del proprio padre, Albino Buticchi, imprenditore ligure.
Addentrandoci nel libro I Martini di Piercarlo Ceccarelli, ci troviamo di fronte a un altro nodo cruciale: la conservazione dell’identità e della diversità, che rientrano nell’insieme delle responsabilità sociali dell’impresa. Per l’autore, che fino ad ora si era dedicato alla scrittura di saggi sul management, è stata una sfida dedicarsi alla narrativa e riuscire a calare il libro nell’ottica di chi ha la responsabilità di gestire l’impresa e non più in quella di chi vi lavora.

Works, unico romanzo non incentrato sulla figura del “capo”, è quasi un’epopea lavorativa autobiografica di Vitaliano Trevisan, assente all’evento. E’ descritta una carriera, densa di precarietà e trasorsa alla disperata ricerca del posto fisso, del contratto a tempo indeterminato, finalmente raggiunto, a partire dallo spaccio fino ai più svariati impieghi.

Scuola di felicità di Gian Mario Villalta intende infine mostrare il disagio di una scuola che cerca di essere scuola e al contempo azienda, un dualismo che crea problemi ma non raccoglie i frutti profetizzati dai suoi teorici. Il libro tenta di dare forma a una scuola che accompagni l’evoluzione sociale ma che nei fatti si concretizza in un regresso.

Alla tavola rotonda conclusiva, incentrata sulla narrazione degli imprenditori e dell’impresa, hanno partecipato Giorgio Bigatti (storico dell’economia), Guido Marinetti (finalista dell’edizione 2013) e Carlo Robiglio (direttore della rivista L’Imprenditore).

Le opere finaliste del Premio Biella offrono dunque un’immagine dell’imprenditore meno distorta e non filtrata dal punto di vista di chi invece lavora nell’azienda.

Francesco Casari e Khalil Zantou, liceo Ariosto.