L’invito – graditissimo – a partecipare all’iniziativa “Adotta un autore” nell’ambito del Salone del Libro di Torino mi ha fatto, sulle prime, uno strano effetto. Essere “adottati” non è una cosa che capiti di frequente a gente della mia età; questa inaspettata “adozione” mi ha dato la piacevolissima impressione di essere accudito, curato, coccolato. La cosa mi lusingava non poco. D’altra parte mi chiedevo: ma allora, come autore, e in particolare come poeta, appartengo a una specie in via di estinzione, da proteggere, da salvaguardare?

Lo svolgimento dei tre incontri ha del tutto rimosso questo sospetto. Nelle aule dell’Università non ho mai avuto l’impressione di essere osservato col binocolo da una torretta come un lupo, o come un panda: l’attenzione dei docenti – Davide Dalmas, innanzitutto, Beatrice Manetti e Sabrina Stroppa – e quella degli studenti era davvero coinvolgente, vitale.

Per me, ogni occasione di incontrare i giovani è preziosa: come ex-professore (sono in pensione da qualche anno) mi manca molto il contatto diretto con loro. Ma soprattutto sono convinto che, per un ragazzo o una ragazza che studia la letteratura, avere di fronte non la pagina di un manuale ma una persona in carne e ossa comporti un utile cambiamento di prospettiva.

I primi due incontri erano dedicati al mio lavoro dagli esordi (1986) al 2014, anno di uscita dell’Oscar Mondadori che raccoglie i miei libri. Davide Dalmas – che lo conosce bene – mi ha aiutato a raccontare diversi aspetti della mia esperienza poetica. Abbiamo parlato di case, di muri, di voce, di chiarezza e oscurità, di molto altro. L’ultimo incontro aveva al centro il libro appena uscito, “Il Conoscente” (di cui erano state fornite copie ai partecipanti). Confesso che questa era la sessione che più mi preoccupava: “Il Conoscente” è un racconto in versi, molto diverso da tutto quello che ho scritto prima. Oltretutto, ci sono numerosi riferimenti agli anni Ottanta e Settanta del Novecento, e il mio timore era che gli studenti (che in quegli anni non erano neppure nati) si sentissero distanti da ciò di cui si parlava. Invece, con mia grande sorpresa e mio grande piacere, la loro reazione è stata molto positiva e partecipata: più che agli aspetti di rievocazione “storica”, sembravano interessati al personaggio centrale, un odioso figuro che – dicevano – sembrava loro di riconoscere come un personaggio familiare. Poter condividere quel fantasma che credevo solo mio mi ha confortato e rassicurato.

Insomma, la mia esperienza di autore “adottato” è stata molto, molto gratificante. Ringrazio ancora gli organizzatori per avermi invitato, e il professor Dalmas per aver contribuito con grande sollecitudine e competenza alla buona riuscita degli incontri.

Umberto Fiori