Primo incontro all’IIS Carbone di Tortona. Grande aula nel seminterrato. Eco eccessiva. Gli studenti di due quarte. Tanti. Alcuni curiosi, altri sospettosi. Distanza tra la cattedra, dove dovrei posizionarmi io, e loro. Plastico riflesso dell’idea che hanno degli scrittori? O dell’idea che gli adulti insegnanti hanno degli scrittori? Siamo così lontani, noi scrittori? In cattedra. Allora ristrutturiamo. Ci avviciniamo. I libri siamo noi. Le narrazioni non sono insegnamento. Sono pezzi di noi. Sono partecipazione. Questo primo incontro dovrebbe vertere su un libro a cui sono affezionato. Per diverse ragioni. La ragione per cui ho scelto di raccontare Questa è l’acqua agli studenti di Tortona è realizzare un desiderio irrealizzabile: vorrei che qualcuno l’avesse letto a me quand’avevo la loro età. Impossibile, ancora non esisteva, eppure vorrei… Perciò ne parlo ai ragazzi come parlassi a me stesso. C’è qualcosa di eccezionale, in Questa è l’acqua di DFW. Un grammo di umanità. Grammo prezioso. Una distinzione sottile ma imprescindibile tra COME e COSA. E poiché parlando di libri e scrittori parliamo di scrittura, il modo migliore per far comprendere quel COME e quel COSA ai ragazzi è metterli al lavoro. Non solo una chiacchierata, dunque, ma un piccolo laboratorio. Li ho sfidati tutti: avete pochi minuti per scegliere. Scegliere come raccontare un’emozione. Si è levata qualche protesta. Alla fine, però, le due ore non sono bastate. Volevamo stare insieme ancora. Per il prossimo incontro ho chiesto più tempo. Paola, mia Virgilio in questa scuola, farà il possibile per assicurarmi tre ore.
Alessandro Mari
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