Rimetto piede nella grande aula di Tortona e scopro che la confidenza è sopravvissuta. C’è voglia di fare. Per oggi il programma prevede che affronti i miei romanzi, ma piuttosto che stordire i ragazzi con un fiume di parole a proposito dei miei protagonisti, Colombino o Francesco o Rachele, chiedo loro di scrivere ancora. Scrivete di un eroe. Insomma mettete su carta l’ossatura di una storia il cui protagonista, per voi, sia qualcuno meritevole di stima. Simpatia. Qualcuno in cui vi immedesimereste volentieri. Talvolta anch’io scelgo così i miei protagonisti. Avete una quarantina di minuti. Dopodiché mi sono fatto consegnare i fogli sciolti. Quando però i ragazzi hanno capito che avevo intenzione di leggere i loro eroi a voce alta si sono ribellati: “No!” E io: “Ma scusate, non passate un mucchio di ore a condividere foto, video e altre cose scritte? E allora perché queste poche righe no?” La risposta che ha ottenuto maggiore consenso: “Perché in queste poche righe c’è qualcosa dentro.” Giuro. Una ragazza mi ha risposto così. E mi ha insegnato una grande lezione. Quanto agli eroi della loro generazione, be’, mi tengo stretto come un segreto ciò che è stato raccontato: ciascuno, credo, dovrebbe chiederlo ai ragazzi di persona
Alessandro Mari
Il diario del terzo incontro
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