Poco più di cinquant’anni fa nasceva la casa editrice Adelphi. Il Salone del Libro ha colto l’occasione per festeggiare l’operato di Roberto Calasso, direttore editoriale e presidente della casa editrice, con un’intervista ad opera di Teresa Cremisi, altro nome eccellente dell’editoria internazionale, soprattutto francese. I due editori hanno riempito la Sala Blu del Salone con una conversazione mirata ad esplorare e spiegare, almeno in parte, il misterioso mondo dell’editoria, partendo dall’esperienza di una casa editrice “unica di per sé,” ma anche “coerente e interessante nelle sue ramificazioni”. Dopo una piccola riflessione sul ruolo dell’editore, che può essere declinato in modi molto diversi e talvolta quasi in contrasto tra loro, Calasso si è visto porre dalla sua collega alcune domande di vario genere, a partire dalla sua “capacità di adattamento” alle leggi del mercato. Secondo l’intervistato, rispondere alle leggi del mercato è meno affaticante, ma anche meno divertente, e Adelphi ha sempre preferito rimanere fedele ad una linea precisa, con l’idea di “fare cose che si amano molto e sperare che siano amate anche dagli altri,” mentre purtroppo la tendenza della produzione oggi è quella di vendere libri brutti, molto brutti, addirittura repellenti. Calasso scherzosamente afferma che perdere molti soldi nel primo periodo di una casa editrice è un indicatore di buona qualità, e il primo libro pubblicato da Adelphi è stato la prima edizione critica di Nietzsche,  una decisione rischiosa ma che ha stabilito un’asse per l’intera produzione futura. Nascendo negli anni ’60, in un periodo dove ogni manifestazione culturale rientrava in una categoria a scelta tra laica, cattolica o comunista, la scelta  di Adelphi è stata sicuramente aliena, e tale è rimasta fino ad oggi.

“Adelphiana”, il libro pubblicato per celebrare il loro cinquantesimo anniversario, è un catalogo eccentrico, diverso dai soliti cataloghi delle case editrici, che si ripropone di porre tutti gli autori sullo stesso livello, mantenendo un rigore che possa sfociare nel disordine , con estrema attenzione sia per l’autore sia per la copertina, che è anch’essa espressione del linguaggio editoriale. Tutto questo per confermare, ancora una volta, che Adelphi, attraverso scelte stilistiche ed estetiche a volte impopolari, ma sempre ragionate, non è semplicemente “un’impresa industriale che cerca d’intercettare ciò che un’entità chiamata pubblico desidera”.

Ilaria Pirchio
Liceo Classico “Vittorio Alfieri”