Ormai da anni gli esperti si dividono sulla possibilità della rete di permettere una maggiore partecipazione dei cittadini alla gestione delle cosa pubblica, fino all’utopia dell’autogoverno del popolo, che secondo molti equivarrebbe a una versione “social media” della democrazia diretta ateniese. È possibile garantire un coinvolgimento costante dei cittadini nella vita politica attraverso mezzi digitali?
A questa domanda cerca di rispondere il giornalista Fabio Chiusi nel suo libro “Critica della democrazia digitale. La politica 2.0 alla prova dei fatti”, edito da Codice Edizioni nel 2014 e presentato in occasione di PordenoneLegge 2014 in un incontro condotto da Sergio Maistrello.
Il ragionamento di Chiusi è focalizzato sul sistema delle piattaforme e sulle nuove difficoltà tecniche che portano con sé, che vanno ad aggiungersi alle esistenti complicazioni proprie della democrazia.
In seguito ai tentativi da parte di alcuni partiti ed esecutivi di digitalizzare il consenso dei cittadini, l’Italia è uno dei paesi più avanzati in questo senso, sede di ricerche finalizzate a ridurre il digital divide culturale. L’obiettivo è rendere accessibile alla maggioranza della popolazione la partecipazione diretta e l’intervento al dibattito sulle tematiche politiche, economiche e sociali.
Su questo fronte si scontrano due posizioni opposte: quella ottimista – di chi vede la rete come un mezzo che facilita l’adesione alle iniziative, la raccolta firme, le votazioni, e il dibattito tra idee differenti che arrivino a sostituire integralmente i partiti –, a cui si oppongono i tecnoscettici – i quali sostengono la necessaria sussistenza dei partiti e si rifanno al fallimento della democrazia diretta anche in piccole comunità. Le maggiori problematiche sollevate da questi ultimi sono innanzitutto la mancanza di un’alfabetizzazione digitale, di software che supportino un bacino d’affluenza che può raggiungere diversi milioni di utenti, e di una garanzia circa la sicurezza della rete. Per questo motivo, nonostante l’interesse della comunità riguardo ad alcuni argomenti politici, messo in evidenza dalla massiva adesione a blog e petizioni online, è diffuso un sentimento di diffidenza nei confronti del mezzo digitale, la quale impedisce l’innesto di una vera e propria politica 2.0.
La questione centrale, sollevata dall’autore, è che per ora non esistono leggi che definiscano con chiarezza il ruolo attivo delle petizioni online nelle decisioni degli organi decisionali. Infatti manca una garanzia circa il peso che hanno le idee esposte dai cittadini attraverso questo mezzo.
Un ulteriore cruccio sottolineato nel saggio è la focalizzazione dell’interesse medio verso tematiche nette e grossolane, in contrasto con proposte specifiche che dimostrano competenza in materia. Chiusi propone l’utilizzo di moderatori in grado di selezionare gli interventi di maggiore spessore, criticando la possibile automatizzazione del filtraggio che finirebbe per allontanare di nuovo la gente comune dalla politica.
L’aspetto fondamentale dell’esercizio della democrazia diretta attraverso la rete è la nascita di un efficiente sistema di controllo dal basso sui rappresentanti del popolo, effetto di una continua supervisione del processo a imbuto proposte-legge.
È necessario che il processo di alfabetizzazione digitale, che si concluderà con il susseguirsi delle generazioni, sia accompagnato da una simultanea alfabetizzazione nella materia democratica, nutrita da un maggiore coinvolgimento dei giovani nelle riflessioni politiche.
Serena Zuliani, Alberto Francescato
(Classe 5^O, Liceo M. Grigoletti Pordenone)
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