Pietrangelo Buttafuoco incontra sabato pomeriggio il pubblico del Salone Off in una vivace libreria della periferia torinese, la Gang del pensiero. L’accogliente e al tempo stesso appartato ambiente non gli è estraneo, anzi lo riporta alle origini della sua carriera come libraio e gli permette di dare inizio all’incontro con una nota di rammarico per la sempre più frequente chiusura delle librerie. Invita alla lettura come proposito di libertà e dice di sentire il desiderio di “trasformare le librerie in cattedrali, che non si limitino ad affacciarsi sul deserto, ma lo contaminino rendendolo giardino”.
Oggi non lo incontriamo in veste di libraio né di giornalista, bensì di autore del suo ultimo lavoro, Il dolore pazzo dell’amore, un’opera senza tempo. La tecnica narrativa è quella del cunto, un racconto in cui è fondamentale la parola, scelta con una cura paragonabile a quella degli artigiani intenti a selezionare il materiale migliore. I vari cunti costituiscono un unico fluido canto e si ispirano ad una sola realtà, quella di una Sicilia quasi fiabesca, nelle sue tradizioni e nel suo patrimonio di leggende popolari. Si tratta di una sorta di mitologia personale ricostruita attraverso il ricordo, una raccolta di affreschi d’infanzia individuali, ma al tempo stesso in grado di accomunare molte persone.
Il ricordo è una cicatrice, impossibile da dimenticare o da cambiare, e l’aggettivo pazzo, nel titolo riferito al dolore dell’amore, indica l’irreversibilità delle esperienze vissute.
Buttafuoco conta alcuni episodi estratti dal suo libro, catturando il pubblico con abile teatralità e trasportandolo in un’atmosfera surreale, fatta di diavoli che, come Cuprù, hanno conosciuto l’amore di Dio, ma a cui la visione del Cielo è impedita dalle corna, saggi anziani, unici possessori del privilegio dell’ultima parola, spettri che salutano i vivi, sultani che si battono per la verità vietando la menzogna.
Tutti questi personaggi prendono vita in un’isola a sé stante, che “non è Meridione, è Sicilia”, e che dal punto di vista climatico conosce anche il freddo, la neve, come ha voluto ricordare l’autore nella scelta dell’immagine di copertina, da lui rintracciata tra le prime fotografie scattate a colori. Una Sicilia che deve moltissimo alla cultura araba, dall’architettura all’arte, dall’eredità del saluto “voscenza benedica” all’importanza destinata alla parola e al cunto.
Elena Rickler
Liceo Classico Cavour, Circoscrizione 4
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