“Un ebreo non può vivere senza Dio, anche se Dio non esiste” con questa frase Daniel Vogelmann ha concluso la conferenza tenuta al Salone del Libro, durante la quale ha presentato il suo libro “La piccola autobiografia di mio padre”. Proprio alla fede in un Dio si è probabilmente aggrappato il padre Schulim, sopravvissuto a un’esperienza di vita tragica come la deportazione e la detenzione ad Auschwitz. Oltre alla fede un’ulteriore aspettativa, seppur delusa, grazie alla quale è riuscito ad affrontare il buio periodo di prigionia, era la speranza di rivedere un giorno la moglie Annetta -zia dell’attuale Presidente della Comunità Ebraica di Torino Dario Disegni, che ha voluto introdurre il libro- e la figlia Sissel.
Dopo aver trascorso del tempo nel campo di Auschwitz Schulim è riuscito ad andare a lavorare nella fabbrica di Schindler a Cracovia, avendo scambiato un pezzo di pane (che valeva oro) per una grammatica di polacco, sfuggendo alla detenzione. Il ritorno a casa è stato, come in molti casi affini, drammatico e pieno di silenzi, tanto che anche l’autore afferma che il padre ha parlato pochissimo della propria vicenda in famiglia e il suo impiego nella Schindler è stato scoperto pochi anni fa.
Dopo tanti anni di silenzio, però, Daniel Vogelmann ha voluto riportare alla luce la storia e pubblicare un libro edito dalla casa editrice Giuntina ereditata da Schulim, progetto che aveva già in mente il padre poco prima di morire, dopo che aveva letto “Se questo è un uomo”.
Lo scritto è dedicato particolarmente alle nipotine dell’autore, affinchè conoscessero la storia di Schulim.
Sveva Sacchi e Matteo Sartini, Liceo Alfieri
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