Il lavoro del traduttore si semplifica quando egli stesso entra nella voce dello scrittore in modo intimo e profondo. Ma una traduzione non basta, serve la mano di più generazioni per ottenere le molteplici chiavi di lettura che ogni libro nasconde. Questa la lezione appresa dai rinomati traduttori Norman Gobetti e Matteo Galli, presentati da Ilide Carmignani, nello spazio Workshop al salone del Libro di Torino.
Norman Gobetti, esordisce ricostruendo la storia editoriale di Philip Roth, passando per Bompiani, Leonardo, Mondadori e infine per Einaudi, per la quale ha ritradotto 4 dei 9 libri ai quali si è dedicato. Gobetti svela il suo metodo di lavoro: prima stabilisce un rapporto di empatia con lo scrittore, poi in un secondo momento si appoggia alle precedenti scelte di traduzione, sottolineando l’importanza che il vecchio traduttore da a quello nuovo. Riproporre i romanzi di Roth dopo decenni ha permesso a Gobetti di ripresentarlo nell’immagine più matura che si era andato a creare nel tempo. Da scrittore esagerato, quasi comico, a più semplice e ordinario, in temi di struggimento e di contemplazione della morte, come manifestano i titoli delle sue ultime opere. Ciò che Gobetti ama di più di Roth è la facilità di “trasportazione” dei suoi libri, come se la sua voce parlasse direttamente in Italiano. Egli ricorda,anche, come il prodotto finale di un libro sia frutto di un lavoro d’equipe, a più mani. Ma perché l’importanza di proporre nuove traduzioni? Per reintegrare parti omesse in passato poiché non avevano a disposizione strumenti all’avanguardia.
Una risposta diversa invece, la da Matteo Galli, germanista ed esperto in traduzione tedesca, iniziando dicendo che”La vita di traduzione è una vita non eterna”. In collaborazione con una piccola casa editrice, ha dato avvio allo sviluppo di un progetto ambizioso: riproporre i grandi classici di Hoffmann. La ritraduzione dei classici è un trend diffuso, a causa dell’importanza che ha per la cultura, in quanto subisce una forma di rigenerazione dal punto di vista lessicale. Volendo puntare su un autore dalla doppia codificazione, pieno di riferimenti , Galli ha potuto svelare l’identità dello scrittore, riprendendone citazioni musicali e opere grafiche. Egli ha lavorato in particolare su I Notturni e su tre Fiabe. La peculiarità di questa pubblicazione si ritrova nelle note, dove il germanista ha “dialogato” con i precedenti traduttori, citandoli, criticandoli e lodandoli, sfatando il mito della rivalità tra essi. Inoltre egli si è potuto sbizzarrire enfatizzando lessicalmente e sintatticamente ciò che lo scrittore aveva precedentemente nascosto.
Federica Pili, Sara Gurizzan
Liceo M.Grigoletti Pordenone
Ciao sono Matteo Galli, quello in foto, di cui parli. Non sono un giornalista, ma un germanista. Puoi correggere?
Grazie, matteo