Se mai vi capitasse di essere in Brasile e di guardare il cielo stellato in una limpida notte d’estate, scrutate bene tutte le stelle. Se osservate con attenzione ce n’è una, proprio vicino alla Stella del Sud, che brilla in modo particolare, sembra quasi farvi l’occhiolino. Se poi chiedete a un brasiliano di quale stella si tratti, del perché sia così luminosa, lui vi risponderà:”Certo, quella è la stella di Zumbi! Quella stella protegge chiunque stia lottando per ottenere qualcosa. Zumbi ha lottato fino alla fine per la libertà del suo popolo…“.

Brasile, 1600.  Zumbi è un giovanissimo brasiliano che vive nel Quilombo dos Palmares, una comunità autonoma situata nel cuore della foresta. Ha solo sei anni quando viene rapito dai portoghesi, gli ambiziosi colonizzatori il cui unico scopo è catturare nativi brasiliani per poi venderli come schiavi. Il coraggioso bimbo brasiliano viene portato via dal suo villaggio, sottratto alle braccia sicure di sua madre. Da quel momento Zumbi ha un nuovo nome: Francisco, ed è costretto a vestirsi da chierichetto, a imparare il portoghese e il latino, a servire la messa. Zumbi rimane a Porto Calvo, quartier generale dei portoghesi, per otto anni finché non riesce a fuggire e a tornare a casa, nel suo villaggio nativo. Le crudeltà che ha visto e subìto lo spingono a promettersi di combattere ogni ingiustizia e sopraffazione. La comunità del Quilombo dos Palmares era minacciata dall’incombente arrivo dei portoghesi: avrebbero distrutto il loro villaggio, catturato gli abitanti per venderli in Europa. Zumbi è determinato a impedire che ciò accada: lotta contro i portoghesi per quindici lunghi anni, e viene fermato solo dal sopraggiungere della morte che lo porta via insieme ai suoi compagni e a tanti altri abitanti del villaggio che hanno lottato al suo fianco con coraggio.

La storia, raccontata nel graphic novel “La leggenda di Zumbi l’immortale” da Fabio Stassi e illustrata da Federico Appel per Sinnos, inizia proprio da qui, da una stella vista da due giovani innamorati che stanno attraversando un fiume su un battello. I due innamorati si chiamano Jorge Amando e Zelia Gattai, scrittori brasialiani di grande successo, e abilmente inseriti nel libro come narratori nel libro da Fabio Stassi. Jorge, volendo far colpo sulla giovane Zelia, le racconta la storia di Zumbi, personaggio storico realmente esistito  e che in Brasile continua a essere ricordato per il suo coraggio nella lotta per la libertà.

La libertà, esatto. Ma perchè mai dovremmo parlare di libertà, noi che viviamo in un Paese libero, noi che siamo liberi di vestirci come vogliamo, noi che siamo liberi di istruirci, di informarci? Noi. Noi siamo liberi, noi possiamo. Il nostro “noi” si riduce quasi sempre alla cerchia ristretta di persone che conosciamo, familiari, amici, parenti lontani. Ciò che spesso “noi” non vediamo è che la libertà non è così scontata. Un tempo la schiavitù voleva dire catturare, vendere, far lavorare fino allo sfinimento persone innocenti. Oggi schiavitù significa stipare in barconi dall’equilibrio precario centinaia di persone inermi, facendosi pagare a caro prezzo, per poi abbandonarle in mare al loro destino. Oggi schiavitù è anche prendere in giro un compagno di classe perchè ha la pelle di un colore diverso e sono anche milioni di bambini che sono sfruttati dalle multinazionali in Africa, in Medio Oriente, in Sud America.

La schiavitù non è un dramma confinato nel passat. Oggi più che mai c’è bisogno di parlare di libertà! L’arma più potente che abbiamo sono le parole, lo “sciatu meu”, fiato mio in siciliano, come ci ha suggerito Fabio Stassi. “Il razzismo è la cosa più stupida del mondo!” ha detto.

Federico Appel ha poi continuato: “Pensate, ragazzi, che mio nonno era austriaco, come si capisce dal mio cognome poco italiano. Ecco, mio nonno ha sposato una greca, dopodichè sono andati a vivere in Albania, poi si sono trasferiti in Turchia e io invece sono nato in Italia!“.

Nella città di Salvador de Bahia, località vicina al villaggio natale di Zumbi, oggi non è raro vedere bambini musulmani giocare con bimbi ebrei, cattolici, africani. Se continueremo a usare le parole nel modo corretto, se saremo capaci di far sì che siano un mezzo per portare pace e integrazione, Zumbi non sarà morto invano!

Eleonora Mantovani, tutor Fuorilegge