Come Leonardo Da Vinci, anche Lirio Abbate, giornalista dell’Espresso, è stato autore di importanti scoperte. Le scoperte di Da Vinci furono in campo scientifico, quelle di Abbate in quello giuridico-criminale. Ma c’è una cosa che accomuna questi due “investigatori”, ed è forse la peggiore che ad un investigatore possa succedere: l’insuccesso la propria scoperta, seppur di grande valore.

“I re di Roma”, libro scritto in collaborazione con il caporedattore del “Fatto Quotidiano”, rispecchia proprio questo: Abbate scoperchia questo giro malavitose che controlla la capitale, ma con due anni d’anticipo rispetto all’inchiesta. Perchè dunque è passato così tanto tempo? Andiamo con ordine.

Nel 2012, viene a conoscenza di un’organizzazione criminale che controlla la capitale, dicui sono a capo “I quattro re di Roma” (titolo dell’inchiesta pubblicata sull’Espresso nel medesimo anno): Carminati, Fasciani, Senese e Casamonica. Un articolo che colpì molto questi soggetti, i quali fecero pedinare il giornalista per diversi mesi. Ma Abbate non si fece intimidire: scoprì che a questa organizzazione facevano capo esponenti di tutto lo schieramento politico, “il rosso e il nero”.Il capo dei capi, Massimo Carminati, rappresentava il nero: braccio destro dell’amministrazione Alemanno, aveva un curriculum da brividi. Si lega fin da giovane ai neofascisti, diventa un terrorista dei Nar, controlla il mercato di cocaina della città. Si guadagna il soprannome di Cecato, perdendo l’uso di un occhio in uno scontro a fuoco al confine tra Italia e Svizzera.

“Il rosso”, al contrario, è Salvatore Buzzi. Buzzi è ideologicamente comunista, viene mandato in carcere per omicidio doloso, e si rivela un detenuto modello. Si laurea in Lettere e Filosofia, fonda la cooperativa 29 giugno. Se Carminati viene definito “il capo” del clan, Buzzi né sarà “l’organizzatore”.

A questi si aggiunge Luca Odevaine, braccio destro di Veltroni. Odevaine escogitò un gran bel trucco per evitare guai: cambiò a più riprese la terza vocale del suo cognome, diventando per gli spacciatori “Odeveine”, per i poliziotti “Odevoine” e via dicendo.

Ma nessuno è disposto a credergli. La mafia a Roma non esiste, cosa sta dicendo? La mafia è roba del Sud, noi ne siamo estranei!

Purtroppo però non è così. La mafia ormai non è più un problema relegabile al meridione. La criminalità organizzata ha solo cambiato metodi: non si serve di omicidi, difficili da nascondere. E’ molto più facile servirsi delle tangenti. Una strategia adottata già da Provenzano in Sicilia, negli anni ’80. Ma nessuno riesce a crederci; molti però sapevano bene da chi andare per ottenere aiuti per le proprie aziende. Ma Carminati non era un benefattore. Da aiutante diventava velocemente un usuraio: non chiedeva indietro i soldi, chiedeva il controllo e il potere delle aziende. Carminati non si voleva esporre, si accontentava di controllare segretamente e incassare gli utili.

Ed è proprio per questo che la Mafia Capitale è difficile da debellare: è segreta, difficile da riconoscere. Non si sa dove cominci, né dove finisca. Come camminare in una notte senza stelle. Con una benda sugli occhi.

Di Anna Bellinzas, Luca Sardo – Liceo Cavour