Una storia sull’italiano: questa era la conferenza tenutasi alle h 14.00 nella Sala Rossa del padiglione 1 del Salone del libro. Hanno partecipato al dibattito i tre relatori, Enrico Testa, Stefano Bartezzaghi e Tiziano Scarpa, il moderatore Stefano Salis ed i tre autori del saggio in tre volumi “Storia dell’italiano scritto”.
Dopo un’introduzione generale di Salis, ha preso la parola Enrico Testa, poeta e studioso di lingua, che ha parlato, appunto, del volume riguardante la poesia, poiché il fine della conferenza era affidare a ciascun relatore il compito di parlare di una delle tre parti in cui è suddiviso il saggio. Il suo intervento si è fondato su tre temi principali:
1. visto che il titolo dell’opera è “Storia dell’italiano scritto”, si potrebbe pensare che non sia affatto presente negli argomenti trattati l’aspetto orale della lingua; in realtà esso fa la parte del “convitato di pietra”, presentandosi in modo intenzionale (attraverso la trascrizione di dialoghi) e preterintenzionale ( vi sono dei generi che, per natura, si basano sull’oralità, come la poesia popolare).
2. per Testa, i due capisaldi della lingua sono il suo uso “corrente” (quello per soddisfare i bisogni di comunicazione quotidiani) ed il suo uso letterario. Questi due aspetti sono anche la forza di una lingua.
3. il relatore è contrario ad un solo punto tra quelli trattati nel primo volume: il fatto che il centro di gravità della lingua letteraria si sia spostato dalla poesia alla prosa. Vi è, invece, secondo lui, ai giorni nostri, un atteggiamento meno disfattista nei confronti della poesia.
E’ poi intervenuto Tiziano Scarpa, che si occupava del secondo volume, riguardante la prosa letteraria. Il suo discorso si è articolato a partire da due questioni fondamentali: come i diversi generi hanno cambiato la lingua? Come la lingua ha cambiato i diversi generi? Egli ha tenuto a precisare come ogni aspetto della letteratura sia importante, anzi fondamentale: anche i capitoli del saggio che sembrano meno interessanti sono in realtà custodi di un grande patrimonio. Ha fatto qualche esempio: la volgarizzazione, l’epistolografia e l’autobiografia. Per quanto riguarda la volgarizzazione, Scarpa ha fatto riferimento a due tipi di “traduzione”: quella “verticale” (dal latino all’italiano) e quella “orizzontale” (da un dialetto all’altro). Nell’ambito dell’epistolografia, ciò che lo ha colpito è stata la perenne giustificazione per la scrittura rozza nelle lettere scritte da donne. Riguardo l’autobiografia, invece, ha parlato di come la soggettività abbia cominciato ad essere espressa solo dopo il Settecento, infatti prima di quella data si scriveva spesso in terza persona.
L’ultimo dei redattori, Stefano Bartezzaghi, ha parlato del terzo volume, riguardante il cosiddetto “italiano dell’uso”, da non confondere con l’italiano medio “deluso”, facendo una digressione sugli italiani contemporanei: quelli che oggi sono considerati “semicolti” non sono, come in passato, gli analfabeti, ma sono italofoni (non parlano solo dialetto), giovani e scolarizzati. Questa categoria di persone non ha la consapevolezza dei suoi limiti espressivi, in quanto fonde scritto e parlato nella comunicazione digitale (messaggi, chat ecc.).
Hanno chiuso la conferenza i tre autori del saggio, che hanno condiviso la scelta di costruzione della loro opera: non fare un racconto sistematico della storia della letteratura seguendo un ordine cronologico di eventi, ma descrivere il percorso della lingua attraverso l’analisi di singoli generi. Tuttavia, la parte storica è sicuramente ancora presente, poiché i singoli volumi sono organizzati secondo categorie temporali. Hanno infine concluso con la frase: “l’italiano è vivo, viva l’e-taliano”, evidenziando la contraddizione tra la lingua della letteratura e la lingua “di chat”.
#SalTo14
Federica Romania & Francesca Romano
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