Vanna Cercenà presenta al Bookstock Village il suo ultimo libro Non piangere, non ridere, non giocare: è la storia di Teresa,

DSCN1353

una bambina costretta a vivere come clandestina, chiusa tutto il giorno in una stanza, pur di stare accanto a sua madre emigrata in Svizzera da un piccolo paese della montagna pistoiese. Questo però vorrà dire per lei rinunciare a piangere, a ridere e a giocare perché nessuno deve sapere della sua presenza. A salvarla da questa prigionia saranno Poppins, un gatto che casualmente entrerà nella sua vita ridandole la voglia di amare, e Paul, con il quale nascerà una forte amicizia che l’aiuterà ad evadere dalla solitudine.

Dice Eros Miari che conduce l’incontro che Teresa, costretta in una stanza, ci può ricordare la storia di Anna Franck chiusa nell’alloggio segreto, anche se in un contesto diverso. Inoltre la vicenda di Teresa che può sembrare lontana nel tempo e risolta è invece ambientata negli anni Settanta e nella vicina Svizzera.

DSCN1345

La differenza rispetto alla storia di Anna Frank è la speranza che la situazione possa cambiare,speranza che è sempre uno spiraglio di luce.

Il tema del romanzo è l’immigrazione e queste pagine cercano di insegnare anche a noi, come Paese che ospita moltissimi immigrati, a non provare odio e paura nei confronti delle diversità e di chi ogni giorno ci chiede aiuto e spera in un futuro migliore.

In redazione abbiamo rivolto alcune domande all’autrice:

Come mai ha scelto di scrivere una storia sull’immigrazione?
Perché è sempre stato un tema che l’ha interessata, anche grazie agli esempi cha ha avuto fin dall’infanzia dei nonni immigrati in America.

Se fosse stata nei panni di Teresa avrebbe seguito Paul o avrebbe preferito obbedire alla madre?
Non avrei seguito Paul; da piccola non avrei mai avuto il coraggio di disobbedire a mia madre, anche se penso che la condizione di Teresa possa condizionare profondamente le proprie scelte, le proprie reazioni e il proprio carattere.

Perché il governo svizzero impediva agli immigrati di vivere con i propri figli?
La Svizzera, come molti altri Paesi, non consente che i lavoratori stagionali si installino nel proprio Paese e che usufruiscano degli stessi diritti dei cittadini svizzeri e un modo per far si che i lavoratori stranieri rimangano legati alla propria patria è proprio quella di impedire di portare con sé le famiglie.

Cosa pensa dell’immigrazione in Italia?
Credo che l’immigrazione non sia facile da gestire, ma non comprendo e non condivido l’odio verso chi arriva nel nostro Paese. Secondo me pur conoscendo le difficoltà nella gestione dell’immigrazione bisognerebbe trovare un’organizzazione migliore di quella attuale.

Alessandra e Gaia, scuola secondaria di primo grado Peyron – Torino

Alessandro, tutor Fuorilegge