L’incontro con le scrittrici Sandra Petrignani e Leopoldina Pallotta della Torre si svolge in occasione del centenario della nascita di Marguerite Duras, pseudonimo di Marguerite Donnadieu, scrittrice e cineasta francese vissuta fra il 1914 e il 1996.
La figura di questa donna fuori dal comune, infatti, ha influenzato prepotentemente le opere di entrambe, fino a diventarne oggetto, ma in modo differente: Sandra Petrignani è autrice di Marguerite, sua biografia romanzata, mentre Leopoldina Pallotta della Torre ha firmato più di vent’anni fa La passione sospesa, cronaca di una lunga confessione raccolta dopo tre anni di incontri, conversazioni e difficoltà legate ai frequenti ricoveri della Duras, che da sempre combatteva il demone dell’alcol.
Leopoldina, nonostante la Duras avesse deciso di vivere isolata negli ultimi anni della sua vita, solo in compagnia della complessa figura di Yann, amico, amante, fratello, è riuscita a fare breccia in questo muro di isolamento e diffidenza; il suo primo incontro con la famosa scrittrice risale all’uscita del libro Occhi blu capelli neri nel 1987, quando la intervistò per la rivista TuttoLibri; racconta di essere stata accolta poco calorosamente da una donna già famosa ed insofferente, che non aveva bisogno dell’ennesima intervista e che si era rifiutata di parlare di nulla che non fosse il libro appena uscito. Colpita ugualmente dalla vita che ancora bruciava nei suoi occhi blu, unica luce in un volto devastato dagli anni e dagli eccessi, Leopoldina decise che doveva incontrarla ancora. Così, armata di determinazione e passione, si ripresentò più volte a Parigi, vedendosi sempre respinta. Infine, testarda nei suoi vent’anni, con del parmigiano divenuto quasi leggenda fra gli appassionati francesi della Duras, riuscì a farsi ammettere nel santuario di rue Saint-Benoît; e da qui nasce La passione sospesa. Il libro ebbe successo, però, “come un fiume carsico si inabissò rapidamente dalla sua vita e dagli scaffali”, come racconta Leopoldina stessa. Il fiume tornò improvvisamente a scorrere qualche anno fa, quando ricevette un’inaspettata telefonata da un autore e traduttore francese, René de Ceccatty, che le spiegò che La passione sospesa era oggetto di feticismo in Francia e che intendeva pubblicarne una seconda edizione arricchita da note.
La vicenda che lega Sandra Petrignani a Marguerite Duras è invece molto diversa. Sua grandissima ammiratrice, ha preferito conoscerla solo attraverso opere e biografie, fino ad avere un’immagine così chiara del personaggio da decidere di romanzarne la vita. Nonostante Sandra si sia concessa “tradimenti ed invenzioni, anche se non totali”, Leopoldina assicura che Marguerite è un libro molto durassiano, “che come una marea entra dappertutto”, soprattutto per il continuo passaggio spazio-temporale: riassumere in un romanzo l’ampiezza di un’esistenza come quella di questa donna che si autodefiniva piena di contraddizioni, infatti, non è semplice. Dalle sue pagine emerge la figura di una donna unica e geniale, “vorace di vita, strepitosamente attaccata all’esistenza in modo quasi animale.”
Racconta che scrivere una biografia romanzata su una donna che ha romanzato la propria vita (o “biografizzato” le proprie opere?) è come smascherarla, e togliere questa patina di leggenda di cui la Duras stessa si era ricoperta è stato come accantonare il culto per lasciare spazio all’umanità di una persona sofferente le cui opere parlano ancora alle nuove generazioni. Questo suo male di vivere si traduceva nell’abuso di alcol, che colmava un vuoto primordiale, quasi che fosse un sostituto di Dio; la scrittura però scaturiva proprio da questo buio interiore che la consumava. Come dice Leopoldina, “solo i folli scrivono, perché sono in contatto con un mondo non filtrato” che agli altri è precluso.
Sofia Bracco e Barbara Cantino,
Liceo classico C.Cavour, Torino
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