“La mappa dei sentimenti” continua e questa volta la protagonista è l’invidia, il vizio sociale per eccellenza. A parlarcene c’è Lidia Ravera, scrittrice di successo, che ha sperimentato in prima persona gli effetti e i mali che porta e che con una punta d’ironia è riuscita a consigliarci come combatterla.
L’ospite sottolinea come l’invidia si nutra dell’ossessione per il confronto, e raramente la si ammetta pubblicamente poiché è il più vergognoso dei vizi: se la superbia talvolta provoca rispetto e gli avari possono anche essere considerati cauti, invece gli invidiosi non hanno giustificazioni. Tuttavia è anche il più umano dei peccati, infatti risulta quasi naturale provarla e allo stesso modo la gente adora esserne l’oggetto: “l’invidia è il motore del mondo”. Alla base, c’è l’inevitabile problema della natura umana, che ci porta ad invidiare sempre qualcuno di migliore, ma la realtà è che ognuno è sempre sottoposto alla tortuosità della vita.
Questo peccato, in realtà, porta le persone a soffrire moltissimo e l’unico modo per guarirne è liberarsene, fare un coming out, in modo tale da perdonarselo e da essere perdonati.
L’invidia nasce dalla svalutazione di se stessi e dall’incapacità di accettare i propri limiti: dietro agli invidiosi si nasconde un narcisista ferito, infatti il passo dall’ambizione all’invidia è molto breve, dal momento che una bassa considerazione del proprio lavoro porta a valutarlo in maniera negativa e si entra inevitabilmente in un circolo vizioso.
Tuttavia l’invidia ha diverse sfaccettature: si differenzia sul lavoro, nell’abito del sociale, o addirittura in politica, dove sembra ormai essere di moda. Nel primo caso si tratta della tipologia più diffusa, nel secondo di quella più perniciosa, e nel terzo di un’eccessiva critica.
Va inoltre notato che sono le donne le maggiori protagoniste di sentimenti invidiosi, poiché sono state messe “Eva contro Eva” e in queste è maggiormente diffusa una scarsa autostima, mentre raramente accade agli uomini che, abituati di secoli ad avere il comando, sono per natura più presuntuosi.
La nostra ospite, in casi in cui diventi un’ossessione, la reputa a tutti gli effetti una malattia e ci consiglia di combatterla per non soccombere sotto il suo peso e perché, tutto sommato, forse è meglio provarne la sua forma positiva, l’ammirazione.
Camilla Brumat
Francesca Valente
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