La musica fluisce lenta e cantilenante. Le parole dei poeti accarezzano le pareti affrescate del convento ma vibrano nei nostri cuori. Una pausa, un applauso scrosciante, un silenzio angoscioso. La serata è un alternarsi, vivo e mutevole, di emozioni che vengono plasmate, adattate alle nostre piccole menti, dal genio di Sepulveda. I suoi versi rompono con il banale, punzecchiano l’ignorante che ignora, smuovono il pigro e rimano, baciati, con la politica. L’autore cileno è il poeta guerrigliero che sa come risvegliare gli animi indolenti e lo fa con la critica, con la denuncia. Lo fa spiattellandoci verità che spesso nascondiamo dietro al pudore. Le donne della sua generazione ce le descrive in tutti i particolari anche i più spiacevoli, soprattutto i più spiacevoli. Le racconta anche come carcerate e prostitute. Non lo fa, però, per discriminarle ma per sottolinearne la forza che ha consentito loro, viste sempre come la parte più fragile della società, di superare le avversità, combattendo e resistendo tenacemente. Come lui, anche quelle donne credevano fermamente nell’ideale socialista e, come lui, sono state punite violentemente dal governo conservatore cileno. Sepulveda, parlando di loro, ci racconta indirettamente anche sua moglie, Carmen Yanez, che è seduta al suo fianco sul palco del convento. Anche lei è stata una di quelle donne, anche lei è stata torturata ed anche lei, quel martedì sera, ha qualcosa da dire. Con una poesia che è più dolce e femminile di quella del marito, riesce comunque a gridare l’ingiustizia con la stessa, incredibile, potenza.

Il sorriso è sul suo volto al termine di ogni lettura, quasi si liberasse, esorcizzandosi, di quel tremendo dolore che è stata la prigionia.

La sua voce è però calda, vellutata e calma. Così è l’altra parte della sua poesia, una miscela inebriante di pace e di sofistica illusione che genera un mondo idilliaco, fatto di profumi e di un legame profondo con la sua terra madre, il Cile. Ad un certo punto però, la tiepida illusione finisce, spezzata dal suono metallico di una chitarra e si passa allora ad ammirare l’altra forma di arte, quella dell’espressione musicale. Il Ginevra Di Marco Trio, accompagnatore di tutto l’evento, “Poesie senza patria”, con pezzi inediti e di qualità, ha cominciato l’ultima canzone dal sapore pienamente latino americano. Al termine dell’incontro, il silenzio scende nuovamente nella sala del Convento Di San Francesco. Non è però quel silenzio insulso e quotidiano. È quel silenzio di riflessione che ti pervade e ti arricchisce, quando sai di aver assistito a qualcosa di speciale.

 Lorenzo Modena-Liceo Michelangelo Grigoletti Pordenone