Unire le migliori menti nei campi della tecnologia, della medicina e dell’artigianato per ridare speranza alle persone che hanno subito amputazioni: è questa la filosofia che ha spinto il professor Johannes Schmidl, di origini austriache, a fondare, nell’Aprile del 1960, l’Officina ortopedica Emiliana di Budrio, in provincia di Bologna. Lo scopo? Creare protesi innovative che restituissero la mobilità degli arti alle persone che avessero subito amputazioni. A cinquant’anni dall’uscita della prima protesi creata dal laboratorio, un convegno tenuto al Salone del libro di Torino giovedì 14 maggio vuole onorare la memoria di questo grande innovatore e delle sue importanti ricerche. Promotore di questa iniziativa è l’INAIL, che tutt’oggi porta avanti il lavoro iniziato dal professore austriaco nel centro di Budrio. L’evento ha quindi rappresentato anche un’ottima occasione per riflettere e dialogare sulle prospettive che le moderne tecnologie offrono allo sviluppo di queste ricerche. Sono intervenuti tra gli altri Leonardo Arrighi, autore di “Johannes Schmidl, oltre la disabilità”, Massimo De Felice, presidente dell’Inail e Simone Ungaro, Direttore generale dell’Istituto Italiano Tecnologie, che recentemente hanno esposto al pubblico i risultati della loro prima collaborazione, tenuta a lungo in segreto. Oltre che ad onorare la memoria del professor Schmidl, l’evento è servito per discutere delle nuove ricerche e delle tecnologie sviluppate al loro servizio, in un campo che sta dando risultati sempre più convincenti per le eccellenze italiane coinvolte nel settore e che, a fronte delle oltre 3600 amputazioni compiute ogni anno nel nostro Paese, necessita sempre maggiori attenzioni.
Giovanni Sarti
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