Boris Pahor e Tatjana Rojc fondono le loro voci in un’unica testimonianza che narra la storia di un uomo che ha vissuto la morte e la rinascita, dei suoi compagni di viaggio e delle donne che lo hanno accompagnato in 101 anni. Ricordi di un’epoca sconosciuta e spesso ignorata, una voce che sembra davvero aver attraversato un secolo e che porta con sè un pezzo dell’Europa e della sua storia, creano un’atmosfera che pare riportare gli ascoltatori indietro nel tempo, in un periodo di guerre e conflitti, di cui quest’anno ricorre anche il centesimo anniversario.
Nel romanzo su cui questa conferenza si è incentrata, Così ho vissuto, viene narrato un racconto da sempre considerato scomodo che parla di una Trieste divisa tra Italia e Slovenia, oppressa dal fascismo e dalle leggi razziali, sconvolta da moti di resistenza a cui lo stesso Pahor ha preso parte nel corso della sua esistenza. Quest’anziano personaggio ricorda, nel corso dell’incontro, i momenti salienti della sua vita, a partire dalle scuole elementari, fino a quando, nel periodo del fascismo, gli è stata tolta la possibilità di parlare la sua lingua e seguire i modi di vivere tipici della cultura slovena. Con voce tremante riporta alla memoria la cattura e il periodo trascorso nel campo di concentramento e, ardente di passione, afferma di come ha sempre cercato di non dimenticarsi mai chi è e le sue radici.
Pahor si è concentrato parecchio sul suo impegno per la difesa delle culture e delle lingue minacciate dal veloce incedere della globalizzazione. E’ stato il primo a precisare, a seguito di una domanda del pubblico, che l’unico consiglio valido per le nuove generazioni è : “Siate fedeli alla vostra identità, nessuno vi assicura che un giorno non vi sarà tolta”.
Marta Blanchietti e Andrea Calogero
Redazione Alfieri, Torino
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